Atteso appuntamento al Teatro Municipale di Piacenza con Franco Branciaroli nel nuovo spettacolo diretto da Antonio Calenda, “Edipo Re” di Sofocle, in scena stasera alle ore 21. Le due serate sono inserite nel cartellone della Stagione di Prosa “TRE PER TE” 2008/2009, direzione artistica di Diego Maj, organizzata da Teatro Gioco Vita – Teatro Stabile di Innovazione con il Comune di Piacenza, il sostegno di Cariparma, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Edilstrade Building Spa, Enìa, Cadey e Cooperativa Costruzioni Edili Valdarda e il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Dipartimento dello Spettacolo e Regione Emilia Romagna. Alle 17 e 30, ai Filodrammatici, incontro "Ditelo all'attore", moderato da Enrico Marcotti, critico teatrale di Libertà.
«In un mondo smarrito, minaccioso, delle cui ombre sentiamo costantemente l'incombere è emblematico rielaborare il percorso, dal buio verso la chiarezza che Edipo compie nella tragedia sofoclea: un percorso nella coscienza che allo stesso tempo è individuale, di intima analisi e collettivo, di grande profondità...». Queste sono le parole con cui il regista Antonio Calenda introduce al suo nuovo lavoro “Edipo Re”, dal testo di Sofocle (con la traduzione moderna di Raul Montanari). Dopo il grande successo di “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht, applaudito anche al Teatro Municipale di Piacenza due anni fa, il regista lavora ancora al fianco di un grandissimo interprete quale Franco Branciaroli.
Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, dal Teatro de gli Incamminati e dal Teatro di Messina.
Scritta probabilmente nel 430 a.C., la tragedia si incentra sul mito di Edipo, che dopo aver risolto gli enigmi della Sfinge ha ottenuto di regnare sulla città di Tebe e la mano della regina Giocasta, vedova del re Laio. Con lei concepisce quattro figli, Eteocle, Polinice, Antigone ed Ismene e potrebbe vivere felice, come sovrano giusto e padre amato. Ma il testo si apre in realtà su uno scenario cupo: la città di Tebe è devastata da una violentissima pestilenza. Edipo si rivolge all'Oracolo di Delfi, nella speranza di poter ottenere qualche consiglio per accattivarsi il favore degli dei e salvare la città dall'epidemia. L'Oracolo suggerisce di scoprire chi abbia ucciso il Re Laio, solo dopo aver fatto giustizia, la pace ritornerà a Tebe. Inizia da qui un folgorante flash-back che rivelerà ad Edipo di essere lui stesso l'assassino del suo genitore e quindi lo sposo della propria madre. Deciso a sottomettersi alla più giusta punizione, sul cadavere della sfortunata Giocasta, suicidatasi, si acceca. Abbandona dunque Tebe, affidando il regno ed i figli al cognato Creonte.
«Edipo – spiega Branciaroli – è l’eroe tragico che non sa chi è: tutto gli casca addosso perché tutto è già avvenuto. Questa conoscenza di sé avviene attraverso il dolore. Il dolore è la caratteristica di Edipo, dunque. Lui dice che nessuno ha un dolore più grande del suo (battuta che poi riprenderà Hamm in ‘Finale di partita’ di Beckett). Infatti appena lui conosce diventa cieco: la cecità, come il dolore, nella cultura greca è strettamente legata alla conoscenza».
Nella messa in scena di Calenda la dimensione dell'incubo che Edipo rivive dentro di sé, riscrivendo con parole di atroce verità il proprio passato, diventa protagonista. Perciò nell'interpretazione dello stesso Branciaroli si raccolgono molti dei protagonisti della tragedia – oltre Edipo, il messo Tiresia e la stessa Giocasta – a dimostrare che in lui e nella sua carne si convogliano tutti i frutti e le radici della colpa. Accanto a lui un coro tutto maschile a fare da eco e moderno commento.