“Morte a tre euro” non è solo un libro scritto al termine di una toccante e lucidissima inchiesta giornalistica, morte a tre euro è anche una condizione di vita in cui centinaia di migliaia di persone sono costrette a convivere ogni giorno per guadagnarsi da vivere. Una dicotomia, un contrasto che è diventato un viaggio dentro la “schiavitù moderna”, come l'ha definita l'autore del saggio, il giornalista di Repubblica, Paolo Berizzi, intervenuto ieri mattina nell'aula magna dell'Istituto per Geometri “Tramello” di Piacenza, nell'iniziativa promossa dalla Provincia attraverso l'assessorato al Lavoro. Perché proprio questa nuova forma di schiavitù, “senza catene, diversa da quella dell'ottocento americano”, è ormai sotto gli occhi di tutti, ma proprio per questo “non visibile”. Paolo Berizzi, inviato de “La Repubblica”, nei primi mesi del 2007 si è finto bisognoso di lavoro ed è entrato in contatto con i “caporali “ dell’edilizia. Ha vissuto dall’interno ed ha osservato di persona i meccanismi che regolano questo “sistema” che produce manodopera irregolare a costi bassissimi e mina la corretta concorrenza tra le imprese. E di questo l'autore dell'opera ha voluto parlare con i tanti studenti intervenuti. Prima attraverso un reading musicale, che ha avuto per protagonisti Gerardo Ferraro (narratore), Carmine Rizzi (chitarra) e Alan Zamboni (tastiere), poi con un confronto aperto con gli studenti. “I giovani spesso non vengono raggiunti dai media attraverso questo genere di notizie – ha osservato Berizzi -. Con questa forma di comunicazione abbiamo voluto provare ad avvicinarci a loro, per fargli comprendere cosa sta dietro a certe situazioni. In strada c'è un esercito di disperati che attendono di essere comprati, per poi essere sfruttati con ricatti e minacce. Io, con la mia inchiesta e il successivo libro, ho voluto raccontare questa giungla”. Poi un riferimento ai rapporti interpersonali avuti durante questa “missione sul campo”. “Spesso mi sono sentito ripetere che lavorare è meglio di rubare o spacciare – ha ricordato -. In queste poche parole sta spesso la dignità delle persone vittime del caporalato, una piaga del lavoro moderno, che spesso decide le sorti di una vita”.
Un messaggio a tutti gli studenti è stato quindi rivolto dall'assessore provinciale al Lavoro Fernando Tribi. “Voi sarete i professionisti e gli imprenditori del futuro – ha detto -, ci piacerebbe che incontri come questi contribuissero a creare una nuova sensibilità, per fare in modo che il lavoro nero nell'edilizia, così come in tutti gli altri campi, venga al più presto sconfitto”. Parole a cui si è associata anche la preside dell'istituto Teresa Andena e a cui ha fatto seguito, dal mondo imprenditoriale, Aldo Silva, presidente delle Scuola Edile di Piacenza. “La sicurezza sui cantieri è un tema che non può essere trattato con leggerezza – ha ribadito -. Io ho sempre insegnato ai miei studenti e ai miei operai di non trascurare questo fattore. Chi specula su questi temi fa concorrenza sleale, oltre che mettere in pericolo la vita delle persone”.
|