INTERVENTI DI CURA E CLANDESTINITA’
I medici dicono la loro
La recente approvazione da parte del Senato dell’emendamento all’art. 39 del cosiddetto “decreto legge sicurezza”, ha tolto per i medici il divieto di segnalazione alle forze dell’ordine di persone non in regola con il permesso di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie pubbliche nel nostro paese.
In altri termini fino ad ora, grazie al Testo Unico sulla immigrazione del 1998, ai medici era vietata la segnalazione all’autorità dell’eventuale status di “clandestino” degli stranieri che si rivolgevano al Servizio Sanitario Nazionale. D’ora in avanti invece, agli operatori della sanità è attribuita la possibilità di comunicazione alle competenti autorità.
Questa modifica, il cui peso si è cercato di minimizzare da più parti, ha provocato una reazione di rigetto unanime da parte del mondo medico. Le Segreterie Provinciali delle principali organizzazioni sindacali mediche ANAAO-ASSOMED, CIMO, CGIL, CISL, SNR, CIVEMP condividono totalmente le posizioni di rifiuto di questa norma, già espresse a livello regionale e nazionale. Altre sigle non sono attualmente non coinvolte esclusivamente per difficoltà contingenti che hanno determinato lo slittamento dei contatti.
Tre motivi fondamentali che si vogliono qui richiamare:
1 – la consapevolezza di poter essere denunciati dal medico a cui ci si rivolge, può significare nel migliore dei casi la limitazione per mezzo della paura dell’esercizio di un diritto ritenuto fondamentale dagli organismi internazionali. Recentemente è stato celebrato il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Noi pensiamo di celebrarlo in questo modo?. Come diretta conseguenza, sarà difficile immaginare un circuito “parallelo” di cure mediche caratterizzato da scarse o nulle tutele e formidabili speculazioni? Non è per “buonismo” da quattro soldi, ma in difesa di principi di civiltà e fedeltà a valori, quale il diritto alla salute, espressamente difesi dalla Costituzione dello Stato italiano, noi ci opponiamo a questa misura di legge.
2 – il medico deve fare il medico, nel rispetto della deontologia professionale. Da secoli si sostiene che nulla può interferire nel rapporto di “alleanza” tra curante e paziente, una conquista di civiltà talmente antica che mai avremmo immaginato potesse essere messa in discussione. Il contrasto alla clandestinità deve avere canali propri e distinti dall’esercizio della professione sanitaria. Il medico rispetta il dovere di lealtà verso la comunità dove agisce proprio curando tutti senza distinzioni di sorta. Il nostro lavoro è giustamente sottoposto a numerose leggi e regolamenti. Tra questi il più vincolante rimane il Codice Deontologico che all’articolo 2 recita: “ Il medico deve denunciare all’Ordine ogni iniziativa tendente ad imporgli comportamenti non conformi alla deontologia professionale da qualunque parte essa provenga.” La materia è complessa e richiederebbe ovviamente spazi più ampi di disamina, ma ci sembra che una possibile figura di “medico-sceriffo” sia incompatibile con i riferimenti di civiltà che connotano l’esercizio della nostra professione. Tra le altre cose, oggi “medici-sceriffo” verso gli irregolari, domani, cambiata la maggioranza, sceriffi verso qualche altra categoria?
Sempre il codice deontologico all’articolo 3 indica il dovere di tutela della vita e della salute nel rispetto della libertà e dignità delle persone, senza distinzioni. Ci fermiamo qui nella disamina di un regolamento che in almeno una decina di articolati appare in contrasto con quanto può divenire facile conseguenza di un apparentemente innocuo e limitato intervento di legge.
3 – rischia di aprirsi una grossa falla nel controllo di alcune malattie, soprattutto infettive, arginabili proprio grazie ad un accertamento tempestivo ed adeguati provvedimenti di profilassi e di terapia.. E’ quotidianità l’acceso di soggetti “irregolari” al pronto Soccorso od ai Reparti per situazioni apparentemente modeste (un po’ di tosse, febbricola.. astenia, quello che sembra una banale influenza) e che si rivelano patologie infettive serie e diffusibili come la tubercolosi o l’AIDS. Limitare con la paura l’accesso alla sanità degli stranieri non in regola, facilmente si tradurrà in un ritardo di diagnosi e quindi dei provvedimenti di trattamento. Ne conseguirà una più facile ed estesa diffusione, conseguenza di un limitato il controllo del territorio dal punto di vista sanitario. A chi sostiene che gli immigrati clandestini accedono alle strutture sanitarie solo per interventi in urgenza ed in conseguenza a ferite di armi da taglio, suggeriamo una attenta disamina dei dati di attività dei reparti e degli ambulatori specificamente dedicati alla profilassi ed alla cura delle patologie infettive. Paradossalmente alla fine, si metterebbero più a rischio anche i cittadini italiani, proprio coloro che si vorrebbe tutelare di più.
Le organizzazioni sindacali mediche che operano nel territorio piacentino si uniscono quindi senza alcuna riserva alle proteste e alla richiesta di cancellazione di questo provvedimento, comunicano alla cittadinanza e alle autorità locali la loro indisponibilità ad inserire nella loro attività aspetti tipici del lavoro (che apprezziamo) delle forze dell’ordine e chiedono a tutti una riflessione seria e serena. I medici che aderiscono a questa iniziativa, non esiteranno a ricorrere a tutti gli strumenti legali a loro disposizione con lo scopo di non sottostare a provvedimenti iniqui e lesivi della dignità professionale di chi cura ed umana in genere.
Partirà un’iniziativa di raccolta firme alla quale sarà chiesta l’adesione di tutti i medici, indipendentemente dall’appartenenza sindacale.
Le Segreterie ANAAO-ASSOMED, CIMO, CGIL, CISL, SNR, CIVEMP