Lentamente le truppe dell'esercito israeliano si stanno ritirando da Gaza e la fragile tregua speriamo possa durare.
Ma la devastazione prodotta in 23 giorni di guerra resta li' a testimoniare l'orrore compiuto. Ancora si trovano cadaveri sotto le macerie, ancora gente che muore: su ordigni sparsi per le strade, o perche' non e' stata curata in tempo e mancano gli strumenti e i medicinali necessari.
Oltre 1300 i morti e più di 5000 i feriti palestinesi. 13 gli israeliani morti (10 soldati e 3 civili). Nella Striscia di Gaza migliaia di case e palazzi, molte scuole, 20 moscheee, rete idrica ed elettrica sono state distrutte. Sedi ONU, ospedali e ambulanze colpite dall'IDF [Israel Defense Forces]. E questo dopo due anni durante i quali gli abitanti di Gaza vivevano con estrema difficolta', grazie alla chiusura totale dei suoi confini imposta dal governo israeliano, che per 23 mesi non ha permesso non solo nessun commercio (e quindi nessuno sviluppo economico), ma nemmeno l'arrivo dei generi di prima necessita'.
Ma forse ancora piu' dei morti, feriti, della distruzione che le immagini ora ci mostramo, quello che questa guerra ha prodotto e' sicuramente una recrudescenza di odio da parte delle vittime verso i loro aggressori e un rafforzamento della parte piu' integralista e instransigente della popolazione palestinese, non solo di Gaza. Come cresceranno quei bambini che hanno visto tanto orrore intorno a loro? Che hanno visto morire la sorella o il fratello, il nonno..? Cosa sara' di loro quando avranno 15-16-20 anni?
Per questo riteniamo assolutamente prioritario, oltre all'impegno di tutta la comunita' internazionale nell'inviare aiuti umanitari e tutto quanto serve in questo momento per la ricostruzione, superando attraverso la forza del diritto internazionale i blocchi e gli ostacoli posti dal governo israeliano, sostenere con determinazione e con tutti i mezzi necessari gli scambi con quella parte di popolazione di Gaza (di cui quasi sempre ci si dimentica) impegnata, non solo per una soluzione nonviolenta del conflitto israelo-palestinese, ma in particolare sul piano educativo. Risanare i traumi di guerra, curare le ferite che si nascondono nella parte piu' profonda di ognuno e' un impegno indispensabile se vogliamo pensare a un futuro migliore: per i palestinesi e per gli israeliani.
La diplomozia e la politica, incalzate dall'opinione pubblica, dovranno saper riaprire un percorso negoziale che porti al riconoscimento del diritto dei palestinesi a vivere in pace e sicurezza sulla propria terra, senza esercito israeliano e check-point a controllarli. Come ripetono da anni molti israeliani, la loro sicurezza nascera' solo quando altrettanta sicurezza sara' garantita al popolo palestinese. Perche', come dice Mons. Giacinto Marcuzzo, Vescovo vicario per Israele del Patriarcato latino di Gerusalemme, “Gaza è solo una parte di un problema più generale. Togliere l’occupazione è la priorità fondamentale".
Le donne in nero saranno in piazza San Francesco a Piacenza, sabato 24 gennaio 2009, dalle 17 alle 18.00
Con i segni del lutto - in silenzio e vestite di nero - ricorderemo a tutte/i che ognuna/o ha la responsabilita' di fare la propria parte: i politici, israeliani e palestinesi, dei paesi arabi, dell'Unione Europea, del governo italiano; il nuovo presidente degli Stati Uniti, le Nazioni Unite; ma anche ciascuna/o di noi come individuo, come essere umano: silenzio e indifferenza sono sempre complici del male.
Invitiamo quindi chiunque condivida questi pensieri ad unirsi alla nostra vigil sabato pomeriggio.