Il nostro corrispondente dagli States, Alessandro Ferrari ci ha aggiornato sull'andamento della campagna elettorale e ci racconta come è anadato il secondo dibattito tra Barack Obama e John McCain.
Ieri sera abbiamo assistito al secondo dei tre dibattiti presidenziali previsti. Molto particolare la forma del dibattito: era ambientato in una simil Town Hall (l’equivalente dei nostri Comuni) e le domande erano poste direttamente dal pubblico presente o lette dal giornalista se si trattava di domande inviate via mail. Inoltre i candidati erano liberi di muoversi sul palco e di occupare la scena come volevano il che ha dato loro la possibilità di esprimersi al meglio.
Obama è stato ancora una volta molto molto “presidenziale”, tranquillo e sicuro. Tendenzialmente freddo ma ha cercato più e più volte di entrare in relazione con il pubblico. Ha fatto riferimento al proprio passato, alla propria storia, ha toccato i temi più cari agli americani in questo momento, come la famiglia, la casa, le tasse, il rilancio della classe media. Proprio mentre parlava di queste cose l’indicatore del gradimento si impennava.
Vi chiederete che cosa sia questa cosa, e in effetti è parecchio strana. La CNN che trasmetteva il dibattito aveva allestito un “sondaggio in diretta” con alcuni elettori indecisi dell’Ohio (uno swing state che potrebbe decidere le elezioni). Questi potevano premere un “ +” o un “–“ a seconda che si sentissero “bene” o male”, “in accordo” o “in disaccordo” con quello che il candidato diceva. L’indicatore era tra l’altro diviso tra uomini e donne.
McCain è sembrato più amichevole ma meno preparato e meno leader. In un’occasione ha addirittura infranto “la quarta parete” andando a congratularsi con una persona del pubblico per la domanda e andandogli a stringere la mano. D’altro canto però è stato più volte colpito dalle risposte di Obama ed è sembrato a momenti incerto e senza parole. Sicuramente non ha soddisfatto le attese della vigilia.
Il partito Repubblicano è infatti molto preoccupato dagli ultimi sondaggi e non crede che McCain stia facendo una buona campagna o stia facendo qualcosa per ribaltarli. Più volte gli è stato detto è più o meno esplicitamente “Take off your gloves!”, ovvero “Togliti i guantoni!”. E lui, che è pur sempre un candidato indipendente (e sta puntando su questo fatto anche nella campagna elettorale), aveva promesso che comunque se li sarebbe tolti in occasione di questo dibattito e avrebbe incominciato ad attaccare duro da qui alla fine della campagna. Questa tattica è quella che ha permesso a Bush di vincere le scorse presidenziali.
Sebbene il livello della campagna si sia alzato e gli attacchi personali incominciano ad essere più frequenti da entrambe le parti, non si può certo dire che McCain abbia avuto la mano tanto pesante ieri sera. È sembrato addirittura la brutta copia di quello del primo dibattito. Bisogna anche osservare che rispetto ad allora le domande di politica estera sono state solo uno o due perché la gente adesso è molto più interessata alla situazione finanziaria.
Qui al College dove sono io la situazione è molto particolare. Innanzitutto mi trovo nel New Hampshire, l’unico stato conservatore di tutto il New England (a forte maggioranza democratica). Proprio in queste elezioni il voto del New Hampshire è visto come fondamentale. Conta molto poco, solo 4 grandi elettori, eppure è uno degli swing state che tutti tengono d’occhio.
Lo stesso College in cui mi trovo è considerato il più conservatore tra quelli dell’Ivy League (una particolare lega dei college più antichi e prestigiosi degli Stati Uniti, ne fanno parte Princeton, Yale, Harvard ad esempio). Eppure qui non si respira un’aria particolarmente a favore di McCain (qualche adesivo sulle porte). Forse i suoi sostenitori sono particolarmente silenziosi ma finora ne ho trovati davvero pochi. Anche gli indecisi non sono poi tantissimi, mentre ho visto parecchi sostenitori democratici (poster di Obama sulle finestre, magliette, cappellini, adesivi sulle macchine e chi più ne ha più ne metta, cartelli “Obama – Biden” esposti alle finestre).
Preciso però che questo non è certo significativo a livello statistico, è una campione molto selezionato: ragazzi dai 18 ai 21 anni che studiano in un College.
È comunque palpabile la voglia di cambiamento. Il pessimismo derivante dalla crisi economica è molto diffuso. Non sanno esattamente dovono vogliono andare, ma vogliono cambiare. Inutile dire che chi è all’opposizione (sebbene i Democrats controllino entrambi i rami del parlamento) ne è decisamente avvantaggiato.
Il cambiamento è così sentito che entrambi i candidati cercano di impersonarlo. “We need a change” è lo slogan di Obama, ma “I’m a reformer” è una frase spesso usata da McCain, “we need new politics in Washington” è quello che ha detto la Palin al dibattito vice-presidenziale.
Per lo stesso motivo Obama cerca di collegare tutte le volte che può l’immagine di McCain a quella di Bush (il cui consenso è il minimo storico per un presidente degli Stati Uniti) e cerca di ricordare quante volte McCain ha votato a favore dei progetti di Bush. Ricorda un po’ la strategia di Berlusconi in Italia, collegare il più possibile l’immagine di Veltroni a quella di Prodi.
Per il momento è tutto. Ormai mancano quattro settimane alle elezioni (sarà il primo martedì di novembre), è iniziato il conto alla rovescia.