Ezio Mauro e l'informazione - In democrazia l’informazione gioca un ruolo essenziale di trasparenza e controllo. È insieme un diritto dei cittadini e un potere che può incidere in maniera significativa sulla loro vita e che dunque necessita di regole capaci di conciliare la funzione pubblica dell’informazione, i diritti fondamentali delle persone coinvolte e l’efficienza delle aziende dei media. Coordinato da Luisella Costamagna, il dibattito dal titolo “L'informazione”, ha visto come protagonisti il giurista Piergaetano Marchetti e il direttore di Repubblica, Ezio Mauro. “Il diritto all'informazione è sempre stato un complesso gioco di antagonismi – ha detto Marchetti -, c'è però una garanzia, ovvero quella del pluralismo. La manipolazione dovrebbe trovare il suo antidoto nel pluralismo”. E poi ancora: “L'informazione elettronica è sicuramente positiva, ma rischia di diventare una babele, una nave alla deriva in cui è difficile trovare guide e timoni”. Pronta la replica di Ezio Mauro: “L'informazione è un diritto del cittadino, anche quando è disinformato. Esistono però diverse qualità della democrazia, il cittadino illuminato è il cittadino consapevole, ovvero colui che ha una percezione degli avvenimenti. Oggi il pluralismo è compiuto, nell'ultimo decennio è nata infatti una stampa di destra. Non c'è invece un pluralismo nei mezzi di informazione: il mezzo televisivo è quello che più incide sull'opinione pubblica. Un problema consiste nel fatto che il presidente del Consiglio controlla le televisioni. Non possiamo iniziare un discorso senza partire da questa considerazione di base”. Affermazione che trova il consenso di Marchetti: “Il problema non è solo che un imprenditore guida un governo – ha ribadito il giurista -, il problema è specifico e più acuto, perchè tratta il mondo delll'informazione. L'informazione è una variabile delle libertà politiche, religiose... Se un uomo la controlla, qualcosa non funziona”.
Tornando quindi sull'argomento della pluralità dei mezzi di informazione, Ezio Mauro lancia il grido di dolore della carta stampata: "Negli Stati Uniti la televisione non può raccogliere più del 35% della pubblicità. In Italia non è così, quindi gli altri mezzi di informazione rischiano di trovarsi senza le risorse necessarie per la sopravvivenza". Il tema si sposta quindi su internet: "I giornali e internet devono essere sempre più legati tra loro - ha aggiunto il direttore di Repubblica -, il primo serve a dare autorità al secondo, che deve mettere di tutto, assecondando il flusso incessante di informazione. Il giornale deve quindi fare approfondimento, deve sviluppare la differenza tra il conoscere e il capire". Sul giornalismo d'inchiesta, Ezio Mauro è categorico: "Il giornalismo investigativo esiste, la pubblicità non lo condiziona. Noi abbiamo pubblicato la notizia che una nota azienda aveva evaso il fisco e come risposta abbiamo ricevuto l'annullamento di tutti i contratti pubblicitari. Eppure il giornale è sopravvissuto ugualmente". GUARDA IL VIDEO NELLA SEZIONE ON DEMAND
Festival del Diritto: Anna Finocchiaro e Alfredo Mantovano - Il diritto può diventare padrone della vita? Nella suggestiva cornice di Palazzo Galli a Piacenza è toccato al sottosegretario Alfredo Mantovano e alla senatrice Anna Finocchiaro il compito di tenere alto il tenore di una discussione, che appare cruciale per il nostro tempo. Al tavolo presieduto dal giornalista Massimo Martinelli, anche altri relatori di prestigio, Amedeo Santosuosso, Chiara Saraceno, Eligio Resta e Andrea Bianchi, nella sua veste di presidente dell'ordine di medici di Cremona, che archiviò il caso del dottor Riccio, il medico che si assunse la responsabilità di staccare la spina alle macchine di Piergiorgio Welby.
Un diritto alla vita concepito in maniera astratta, da difendere senza porsi nel punto di vista del soggetto che la incarna, da non aggettivare come "degna di essere vissuta". E' questa l'obiezione più forte posta dalla Finocchiaro ai ragionamenti di Mantovano. Il quale ha sottolineato il dovere di difendere la vita in qualunque momento, che non esiste un'ipotesi di vita biologica meno dignitosa di quella "normale".
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