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Sicurezza. Reggi scrive a Vignali: "Così il decreto non va"

Il sindaco di Piacenza Roberto Reggi e il suo collega di Modena Giorgio Pighi rispondono con una lettera al primo cittadino di Parma Pietro Vignali, che alcune settimane fa si era fatto promotore di un incontro dei sindaci delle medie città del nord con il ministro dell'Interno Roberto Maroni, esprimendo delusione e dissenso sui contenuti del decreto sicurezza all'esame del parlamento: "E' centralista, non risponde alle nostre richieste di maggiore efficenza e la norma salva processi finirà per generare maggiore insicurezza fra i cittadini".
Ecco il testo integrale della missiva.

Caro Vignali,

    abbiamo letto il testo del decreto legge sulla sicurezza licenziato dal Senato ed ora in discussione alla Camera dei Deputati e sinceramente troviamo un po’ troppo entusiastico il giudizio contenuto nella Tua mail del 24 giugno scorso. Lo diciamo da Sindaci, ma anche da Presidente e Vice Presidente del Forum Italiano sulla sicurezza urbana, alla cui carica siamo stati eletti proprio lo scorso 26 giugno nel corso dell’Assemblea generale che ha, tra l’altro, discusso ampiamente dei provvedimenti legislativi recentemente proposti dal Governo.

    Innanzitutto pare a noi che il testo del decreto risenta di un’impostazione tutt’altro che federalista; gli elementi di neo centralismo ci sembrano del tutto evidenti a partire dal ruolo subordinato previsto per le polizie locali, che non traggono alcun beneficio dalla possibilità di accedere alle banche dati ministeriali, possibilità che già oggi è consentita liberamente a tutti.

    Lo stesso potere di ordinanza, “anche” non “contingibile e urgente”, riservato ai sindaci non potrà probabilmente essere esercitato fino a quando un apposito decreto ministeriale (sic!) non avrà definito l’ambito della sicurezza urbana, concetto che, su indicazione dello stesso Ministro on. Maroni, avevamo congiuntamente definito e trasmesso. Lo strumento del decreto ministeriale appare non solo assai debole, ma anche improprio per una materia che va definita in rapporto alla “sicurezza pubblica” (art. 13 Costituzione), che va disciplinata con legge nazionale (art. 118 Costituzione), a garanzia di specifiche competenze comunali che non debbono invadere quelle prefettizie e che, nello stesso tempo, non devono subire ingerenze indebite.

          In questo avevamo dato credito, tutti assieme, ad un atteggiamento del Ministro che nei nostri confronti aveva usato un approccio molto dialogante e teso a voler recepire le indicazioni provenienti dalle città. Vediamo invece, con stupore, accolto un emendamento in forza del quale le nostre ordinanze che nel testo precedente dovevano essere comunicate “tempestivamente” al Prefetto comporteranno addirittura una comunicazione fatta “preventivamente” a tale autorità, portandoci ad un quadro di centralismo che ricorda i tempi in cui i Prefetti (che di certo non ci devono comunicare preventivamente le loro) annullavano le delibere comunali.

    Ancora meno condivisibile l’emendamento al decreto cosiddetto “sicurezza” che introduce la norma (art. 2 bis) che sospende per un anno i processi per i reati, commessi fino al 2002, comportanti una pena che non supera i 10 anni; il senso che tale norma trasmette è esattamente l’opposto della sicurezza. I sindaci in prima persona sanno, ogni volta che incontrano i cittadini, che la richiesta più incisiva che viene avanzata sui rapporti tra sicurezza e giustizia è quella relativa alla certezza della pena (e cioè: meno procedimenti che rimangono contro ignoti e processi in cui la condanna arriva il più presto possibile); l’aver adottato tale provvedimento è dunque un fatto grave che contribuirà a breve a generare nelle nostre città un sentimento di maggiore insicurezza. Certamente l’emendamento in questione ha trovato orecchie più sensibili all’ascolto rispetto a tante indicazioni che erano pervenute dai sindaci.

          Completa un quadro più sensibile all’annuncio simbolico che non a rafforzare il contributo delle comunità locali a contribuire alla sicurezza urbana la norma sull’impiego delle forze armate nel controllo del territorio.

    Crediamo che queste considerazioni, che sappiamo essere condivise da tanti altri colleghi, possano essere oggetto di nostri prossimi incontri, anche in vista dell’emanazioni di altri provvedimenti normativi in materia. Lo stesso Forum italiano intende contribuire al dibattito e, rappresentando oltre cento enti locali (tra regioni, province e comuni), auspica di essere considerato dal Ministro, a differenza di quanto accaduto fino ad oggi, un interlocutore importante e propositivo.

 
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