“Niente paura, siamo solo musulmani”…“Prosegue la nostra inchiesta sull’Islam a Piacenza con l’imam Shemis”
L’imam di Piacenza Mohamed Shemis non è sposato e non ha famiglia“ma la mia vita è qui in Italia, è dal 1990 che sono a Piacenza, la maggioranza dei lavoratori musulmani è qui da oltre 10 anni, non tornano quasi più al loro paese perché la loro vita è qui in Italia”. Sulla popolazione clandestina non si sbilancia:”Clandestini ormai non ce ne sono più tanti, non tanto per i controlli della polizia ma perché la gente sapendo della crisi non viene più così numerosa in Europa a cercare fortuna, come succedeva anni fa”. La crisi e la clandestinità quindi:”Bisogna essere più flessibili, trovare una soluzione intermedia rispetto all’attuale legislazione sull’immigrazione (L. 94/09, il cosiddetto “pacchetto sicurezza” che introduce nell’ordinamento italiano il reato di immigrazione) è troppo dura - sostiene l’imam - inoltre una persona non può vivere per 10 anni da clandestino, bisognerebbe trovare una via intermedia come per esempio l’istituzione di un permesso di soggiorno in attesa di occupazione, in questo modo i migranti in cerca di lavoro avrebbero la possibilità di muoversi all’interno del paese senza temere di essere fermati”.
Nel 1999 Mohamed Shemis è diventato il direttore della preghiera della sala di Torrione Fodesta, “ma non sono un prete, molti Italiani hanno una scarsa conoscenza della nostra cultura. Sono semplicemente un uomo religioso con studi superiori che si è trovato nella particolare circostanza di guidare le preghiere di una comunità numerosa composta prevalentemente da persone umili, con poca istruzione e una scarsa conoscenza dei Testi Sacri ”.
Il problema delle disuguaglianze sociali sta a cuore all’imam:”Bisogna tornare al socialismo, in questo mondo c’e’ spazio e cibo per tutti ma serve più democrazia, bisogna cambiare prospettiva economica, rendere il commercio più giusto e facilitare la convivenza sociale perché non possiamo fermare il processo di interazione culturale che già esiste a livello globale, oltre che nelle società europee”. Anche se il livello di convivenza etnica e religiosa a Piacenza è più che accettabile l’imam lamenta una distorsione percettiva generale presente in Occidente nei confronti della sua religione:”Viviamo in un momento in cui domina la paura dell’altro, la televisione alimenta questa paura, spesso il messaggio di un Islam aggressivo predomina nei media ed è comprensibile che alcuni ci guardino con diffidenza, mentre i diritti a cui noi musulmani aspiriamo sono gli stessi che richiederebbero tutte le persone normali: lavoro, salute, scuola, tutela della famiglia”. L’ islamofobia, quel vento di criminalizzazione nei confronti di una comunità religiosa che soffia da Mosca a Washington lascia impercettibili tracce anche a Piacenza:”Spero che almeno qui, dove la convivenza è assolutamente pacifica, i Piacentini si rendano conto che l’Islam è una religione di fratellanza praticata da gente semplice e pacifica, i problemi li porta la politica, da sempre, con le sue strumentalizzazioni del Sacro”, sentenzia Mohamed Shemis che a proposito degli imam eversivi condannati e espulsi dall’Italia aggiunge:”Non condivido proprio nulla con loro, e neanche con gente come Adel Smith, quello che occorre è una scuola di formazione religiosa nazionale che integri scienze sociali e materie religiose perché possa svilupparsi un Islam italiano, come stanno facendo i Francesi, servirebbe ad evitare altri casi di imam fuori controllo come quello di Carmagnola”.
Ed è su posizioni moderniste quando si parla di interpretare alcuni aspetti dell’Islam: ”La donna non va segregata, è inaccettabile che una ragazza non possa studiare o partecipare alla vita sociale o economica o politica del paese, oppure che non possa guidare la macchina come in Arabia Saudita”. Anche se non è il caso di spingersi oltre con l’imam:”Se avessi una figlia non la spronerei a diventare una velina, credo sia un simbolo di libertà molto relativo e superficiale, ritengo sia necessario più che altro trovare delle risposte culturali serie”, afferma severo prima di chiedere retoricamente:”Ma dove va un paese popolato da veline?”.
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