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Confisca dei beni alla mafia, intervista al sindaco Reggi

Sul sito del Forum Italiano per la Sicurezza Urbana (www.fisu.it) è stata pubblicata la seguente intervista al sindaco Roberto Reggi, sull’introduzione con la Finanziaria 2010, della possibilità di vendita dei beni confiscati alla criminalità organizzata, se questi non vengono assegnati entro i 90 giorni successivi alla stessa data di confisca, stabiliti dalla legge 575 del 1965.


Il Fisu, a fronte delle proteste sollevate dalla società civile e dalle associazioni antimafia, per il timore che i beni possano tornare con facilità in possesso delle organizzazioni cui erano stati tolti, ha chiesto un commento sulla vicenda al sindaco di Piacenza Roberto Reggi, vicepresidente del Forum.

D. Molti Sindaci si sono mobilitati per evitare l’introduzione di questa disposizione: quali sono i rischi della messa in vendita dei beni confiscati?

R. Gli amministratori locali, come le associazioni che da sempre sono impegnate alla lotta alla criminalità organizzata, da Libera ad Avviso Pubblico, sono molto preoccupati per questa novità. Si tratta di un provvedimento per noi molto grave, perché la procedura individuata non mette al riparo dal rischio che ad acquistare siano i mafiosi stessi. La norma prevede il parere del Prefetto e del Commissario straordinario per i beni confiscati, ma sappiamo bene quali sono le capacità di infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia “legale”, attraverso prestanome o attraverso l’acquisizione del controllo di fatto di imprese dal nome non mafioso. Come città di Piacenza, ci siamo attivati immediatamente approvando una risoluzione urgente del Consiglio Comunale, con cui chiediamo ufficialmente al Parlamento di abrogare le modifiche introdotte dalla Finanziaria 2010, sottolineando l’importanza centrale che lo strumento della confisca ha nella lotta alla mafia.

D. Che cosa intende per importanza centrale dello strumento della confisca?

R. Il grande valore della confisca dei beni mafiosi non è tanto, o non solo, nella sua portata repressiva. Con la legge 109 del 1996, è stato introdotto il principio per cui il denaro, i beni immobili e le aziende appartenenti alla criminalità organizzata sono da restituire alla collettività, per un riutilizzo che abbia finalità sociali. Questo significa che la confisca ha un duplice, grande significato: da una parte permette indebolire sensibilmente il potere economico delle mafie - il loro vero potere - e dall’altra è un’occasione di riscatto della società civile, un’occasione reale di creazione di consenso sociale verso le istituzioni. Quanto più si è in grado di coinvolgere i cittadini nei progetti di riutilizzo e quanto più questi progetti sono di valore, tanto più si permette loro di riconquistare la propria libertà dall’oppressione criminale e si dà loro un’alternativa concreta. Con le modifiche introdotte dalla Finanziaria 2010, è la stessa filosofia della legge 109/1996 ad essere messa in discussione; una legge, non dimentichiamolo, che è stata approvata all’unanimità da tutte le forze politiche, sotto una fortissima spinta dell’opinione pubblica, nata da una petizione sottoscritta da oltre un milione di cittadini: la prima legge di iniziativa popolare contro le mafie.

D. Lei è sindaco di Piacenza, città del nord, ricca e industrializzata. Perché questo impegno per un tema che sembra soltanto sfiorare la sua realtà?

R. Ma perché  è proprio al nord che è necessario aprire gli occhi sulla realtà della diffusione della criminalità organizzata. Il controllo del territorio, che le associazioni criminali esercitano con la minaccia e l’oppressione nelle regioni del sud, è più che presente anche da noi: è un controllo “virtuale”, fatto di infiltrazioni sempre più radicate nell’economia legale, nella gestione degli appalti, nella occupazione di interi settori produttivi. Sono anni che come Forum italiano per la sicurezza urbana ribadiamo la necessità di considerare quello delle mafie un problema nazionale a tutto tondo, impegno che di certo non abbandoniamo oggi, in una fase in cui sembra maturata una maggiore consapevolezza anche nelle regioni del nord. L’abbiamo dimostrato simbolicamente con un incontro pubblico di grande successo, organizzato a Lamezia Terme nel 2006, l’abbiamo coltivato sponsorizzando il bellissimo volume fotografico “Terre di libertà” e l’abbiamo ripreso ancora nella nostra ultima assemblea generale, tenuta lo scorso dicembre a Modena, in un incontro pubblico dedicato proprio al tema delle infiltrazioni mafiose al centro-nord, che ha visto interventi di grandissimo valore di personalità impegnate da anni in questa battaglia, da Enzo Ciconte, a Pier Luigi Vigna, a Alberto Cisterna.

D. Un segnale positivo è arrivato però in questi giorni dal Governo, che ha istituito l’Agenzia nazionale sui beni confiscati…

R. Un provvedimento di grande importanza, anch’esso fortemente richiesto dai Sindaci e dalle associazioni attive nella lotta alla mafia, e presente anche nella risoluzione del Consiglio comunale della mia città. L’auspicio è che l’Agenzia nazionale si occupi in modo diretto di tutto il tema della gestione e delle assegnazioni, in modo da arginare le difficoltà esistenti e ridurre i tempi tra i diversi passaggi di sequestro, confisca, assegnazione e utilizzo finale, in modo da facilitare quella che resta la finalità centrale del procedimento, cioè l’uso sociale dei beni confiscati. Resta da vedere, come sempre, come si darà modo all’Agenzia di lavorare in concreto, tenendo gli occhi bene aperti per evitare che finisca per diventare un ennesimo centro di potere senza controllo.

 
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