Giornata di celebrazioni per il 150° anniversario dell’istituzione della Provincia di Piacenza, avvenuta il 18 marzo del 1860, all’indomani dei plebisciti che decretarono l’annessione dell’Emilia Romagna al regno sabaudo.
Come annunciato nei giorni scorsi dal presidente Massimo Trespidi le celebrazioni sono itineranti: nella mattinata Trespidi si è recato infatti nelle tre sedi che hanno ospitato la Provincia nel corso di questi 150 anni, vale a dire Palazzo Mandelli, sede della Provincia dal 1860 al 1887. Ecco i discorsi del presidente.
* Palazzo Mandelli -
1860 - 1887
Non poteva mancare nella celebrazione dei cento cinquanta anni della Provincia, una mia visita a palazzo Mandelli, che della Provincia fu la prima casa. Qui l'ente venne ospitato all'indomani della sua istituzione, nel marzo del 1860. La legge elettorale allora in vigore riservava il diritto di voto ad una minoranza della popolazione, ai ceti più abbienti ed è perciò comprensibile come a comporre quel primo consiglio fossero appartenenti ai ceti più elevati, alla nobiltà ed all'alta borghesia. Ma era quella parte di nobiltà e borghesia più aperta al nuovo, illuminata, dalle idee liberali. Quei primi consiglieri, quei primi assessori erano patrioti convinti e convinti fautori dell'Unità del Paese. In tutti c'era la consapevolezza del compito gravoso che la nuova Provincia doveva affrontare e in tutti c'erano la volontà e l'impegno ad adempiere al meglio a questo non facile impegno. Lo si coglie dal discorso di insediamento che il primo presidente del consiglio, il prof. Filippo Grandi, tenne in queste sale nella seconda seduta di consiglio, svoltasi nell'aprile del 1860. L'elenco di cose da fare era da far tremare le vene e i polsi: una rete stradale e ferroviaria praticamente da costruire dal nulla, i servizi essenziali per una comunità per la stragrande maggioranza costituita da famiglie indigenti, in una situazione sanitaria da terzo mondo, servizi di assistenza per l'altissimo numero di orfani ed illegittimi abbandonati a se stessi e bisognosi di cure, tutta una serie incombenze, in buona sostanza, per ovviare ad una situazione di gravissimo disagio sociale. Nei ventisette anni in cui la Provincia rimase a palazzo Mandelli la nostra comunità fece passi considerevoli, nel suo cammino di progresso, grazie anche, se non soprattutto, all'impegno ed allo spirito di iniziativa dell'Amministrazione provinciale: venne avviata un'ampia riqualificazione della rete di comunicazioni, si fecero passi considerevoli nella cura degli illegittimi (fu in questo periodo, tra l'altro, che venne abolita l’istituzione della “ruota” e che la gestione degli illegittimi venne affidata alla Provincia ed ai Comuni) , fu in questo periodo che venne avviato una significativa riqualificazione del servizio di assistenza ai malati psichici. Nei poco meno di trent'anni di sua permanenza in queste sale, la Provincia pose le basi per costruire, nei decenni successivi, lo sviluppo della nostra comunità e portarla a livello delle aree più progredite del Paese.
Palazzo Scotti da Vigoleno, che ospitò gli uffici della Provincia dal 1887 al 1921, fino all’attuale sede, progettata dall’architetto Manfredo Manfredi e costruita tra il 1912 ed il 1917, nella quale la provincia si trasferì nel 1921.
I trentaquattro anni nei quali la Provincia trovò ospitalità a palazzo Scotti da Vigoleno (dal 1887 al 1921) furono fondamentali per la vita di questa comunità e per i suoi destini futuri. Fu infatti a cavallo tra Otto e Novecento che la Provincia compì quel salto di qualità che la portò, ad inizio primo ventennio del Novecento, ad essere enumerata tra le comunità più progredite dell'Italia di quel tempo. Fu in questo periodo che venne avviata la realizzazione di una rete tranviaria che in due decenni coprì l'intero territorio provinciale, mettendo in collegamento il centro capoluogo con le maggiori località della provincia tramite un servizio di trasporto pubblico efficiente e, per quei tempi, particolarmente celere. Fu in questo periodo che venne nella sua gran parte ultimata l'ossatura, nelle sue linee fondamentali, della rete stradale della provincia. Un'impresa resa possibile soprattutto grazie all'impegno, alla creatività ed all'intelligenza di un uomo che doveva legare per oltre mezzo secolo la sua vita ai destini dell'Ente, l'ing. Ettore Martini. Si realizzarono in questo periodo due infrastrutture strategiche per il nostro territorio, il ponte sul Po di Cremona, inaugurato nel 1892, ed il ponte sul Po di Piacenza, inaugurato nel 1908. Fu ancora in questo periodo che la Provincia raccolse uno dei suoi allori maggiori, il poter enumerare tra i suoi consiglieri una personalità della statura culturale e civile di Giuseppe Verdi, membro del consesso elettivo della Provincia dal 1889 al 1890 e presenza incombente, nell'ultimo decennio del secolo, nella vita dell'Ente, per la sua fitta corrispondenza con gli amministratori provinciali e per le sue non poche sollecitazioni ad intervenire per migliorare le comunicazioni e la qualità della vita della comunità in cui risiedeva, Villanova sull'Arda. Nella serie di grandi interventi infrastrutturali avviati dalla Provincia in questo terzo di secolo, soprattutto grazie alla fervida mente ed all'inesauribile energia intellettuale di Ettore Martini, va annoverata la costruzione, nel secondo decennio del '900, della nuova sede, in corso Garibaldi. E va considerato tra gli impegni prioritari dell'Ente anche l'attenzione riservata alla riqualificazione del patrimonio scolastico di competenza e alle sorti del comparto agricolo locale, ad alcune strutture del quale (i comizi agrari e le cattedre ambulanti) la Provincia riservò risorse sostanziali del suo bilancio.
In buona sostanza, credo di poter affermare che il periodo in cui la Provincia ebbe sede a Palazzo Scotti fu tra i momenti più costruttivi e vitali della storia dell'Ente. Il periodo nel quale veramente si verificò quel salto di qualità che rese l'Amministrazione provinciale di Piacenza ente territoriale fondamentale per la comunità e tra i meglio organizzati, a livello di servizi e di dotazione infrastrutturale, del nostro Paese.
Nell’atrio del palazzo di Corso Garibaldi sarà per l’occasione allestita una piccola mostra nella quale saranno esposti documenti tratti direttamente dall’archivio della Provincia che testimoniano eventi e momenti importanti della storia dell’ente. A Palazzo Garibaldi il discorso finale di Trespidi.
Ringrazio tutte le Autorità, gli Amministratori, i Cittadini ed i miei predecessori che hanno voluto gratificare con la loro presenza un momento così importante per l'ente che presiedo: il 150° anniversario della sua nascita, attraverso l’annessione al regno sabaudo prima ed all'Italia che si stava unificando, poi. Ho voluto che questa celebrazione avesse un carattere itinerante ed andasse a toccare tutti i palazzi cittadini che in questo secolo e mezzo hanno ospitato la sede della Provincia: Palazzo Mandelli, presso cui questo Ente trovò casa dal 1860 al 1887, poi Palazzo Scotti da Vigoleno, attuale sede della Prefettura, dove la Provincia ebbe la sua sede dal 1887 al 1921, ed infine questo palazzo, frutto dell'ingegnosità di un piacentino prestigioso, l'architetto Manfredo Manfredi, figlio di un patriota che contribuì significativamente a portare Piacenza nel nuovo stato unitario e quindi a costituire la provincia di Piacenza. Il cammino di progresso che la nostra comunità ha saputo compiere da metà 800 ai giorni nostri è enorme. Un'impresa mirabile, se consideriamo le condizioni in cui si trovava questo territorio all'indomani dei plebisciti del 1860.
“Chiamato dal vostro suffragio a presiedere questo Consiglio – dichiarava il primo presidente, il prof. Filippo Grandi, nel suo discorso di insediamento, tenuto a palazzo Mandelli il 14 aprile del 1860 - , nel rendervi le più vive grazie dell’ onore che mi avete compartito, non so dissimularvi la trepidazione che mi cagiona il pensiero della gravità e delicatezza dell’ufficio. E potrò io bastare al medesimo? Io non mel penso, o Signori, se non mi vengono in ajuto il Vostro senno, i Vostri lumi e la Vostra esperienza, nei quali ho ragione di confidar grandemente.
Grave, o Signori, assai grave è la nostra missione; grave per la sua natura; più grave per la sua estensione.
A farvene un’idea generale, basti il discorrerne le diverse attribuzioni.
La creazione di nuovi stabilimenti pubblici provinciali: Noi manchiamo di una casa di correzione per i minori di quindici anni, manchiamo di un manicomio, manchiamo di un deposito di mendicità, di sale d’industria, manchiamo di un collegio maschile per giovinetti di civile condizione; vengono in secondo luogo i sussidii da accordarsi ai Consorzii ed ai Comuni per opere necessarie od utili, e per soccorrere ai bisogni dell’istruzione e dei pubblici stabilimenti. Tali sarebbero le aperture di nuovi canali ed acquedotti a benefizio dell’irrigazione, di nuove strade di comunicazione; tali la istituzione di nuove scuole specialmente tecniche; tali le provvidenze straordinarie per causa di pubbliche calamità. Or quante indagini, o Signori, quanti studii anche per tutto questo!
Muovendo da queste basi, che non è esagerato definire tragiche, molto vicine al sottosviluppo, la nostra comunità intraprese, da metà Ottocento, un cammino di progresso che sicuramente beneficiò di fattori oggettivi, della forza di inerzia conseguente allo sviluppo di tutto il mondo occidentale da metà 800 in avanti, ma che fu anche legato, in misura sostanziali, a fattori endogeni, ad energie locali, alla capacità della nostra gente di andare avanti da sola, nonostante le limitate risorse, di costruirsi un futuro, di guadagnare terreno, ed alla sagacia ed alle capacità di molti suoi amministratori, anche dell'Ente Provincia. Mi sia lecito ricordare, in particolare, la figura dell'ing. Ettore Martini, un politico che legò la sua vita al destino dell'Amministrazione provinciale per più di mezzo secolo, che della Provincia fu prima assessore e poi presidente ed al quale in gran parte si deve la realizzazione dell'ossatura della rete stradale ed infrastrutturale di questo territorio.
Guardandoci indietro, guardando al secolo e mezzo trascorso da quel marzo 1860, tutti noi piacentini dobbiamo perciò sentirci orgogliosi per il cammino percorso, del cammino in ascesa che la nostra comunità ha saputo compiere da metà Ottocento ai giorni nostri. Un cammino di progresso che dobbiamo al lavoro delle generazioni che ci hanno preceduto.
E proprio per rendere omaggio all'opera encomiabile di questi nostri concittadini ho deciso di compiere una serie di visite ad alcune delle infrastrutture più significative realizzate in questo secolo e mezzo nella nostra provincia, la maggior parte delle quali dall'Amministrazione provinciale o con il suo contributo e sostegno.
Una visita che vuole essere un riconoscimento alla laboriosità della gente piacentina.
C'è una foto degli anni '50 del secolo scorso che mi hanno mostrato i collaboratori che hanno lavorato alla raccolta del materiale per la mostra e che trova spazio nella rassegna che inauguriamo oggi. E' una foto stata scattata a sterratori, a operai, impegnati ad aprire, a colpi di pala e piccone, una strada, una nostra strada di montagna. Sono i nostri concittadini di quella generazione appena uscita dalla seconda guerra mondiale, senza risorse, con pochi mezzi, con enormi difficoltà a trovare un lavoro e che il lavoro doveva costruirselo, da sola, e che riuscì, nonostante le ristrettezze, la povertà, a garantire un futuro a sé ed alla propria famiglia e ad avviare il Paese lungo il percorso dello sviluppo. Ci riuscì, facendo leva sulla propria giovinezza, sul proprio entusiasmo, sulla voglia di fare e di costruire, sulla voglia di lavorare, sulle proprie energie fisiche, intellettuali e morali, ponendosi come punto di riferimento un valore fondamentale: la famiglia ed i propri figli. Non sto parlando di gente lontana da noi, sto parlando dei genitori e dei nonni della gran parte di coloro che sono qui oggi.
Erano persone animate da uno spirito, da un approccio alla vita che oggi i nostri giovani, a volte, forse stentano a ritrovare. Un grande piacentino che recentemente è venuto a mancare, il commendator Luigi Gatti, soleva dire che avrebbe voluto rivedere nei nostri giovani la voglia di lavorare, di mettersi in gioco, di rischiare, che caratterizzava tutti quelli della sua generazione. Era questo, per lui, il segreto per avere successo, e poteva affermarlo con buon diritto, visto che lui si era fatto così. Questo spirito, questo coraggio nell'affrontare il domani, questo impegno a costruirsi un lavoro, che oggi possiamo assolutamente ritrovare.
Iniziative come la celebrazione di oggi credo possano essere di stimolo. Possono indicare una strada a tutti i piacentini evidenziando quanto le generazioni che li hanno preceduti hanno saputo compiere in un secolo e mezzo di storia e favorire in questo modo, soprattutto nei giovani, la maturazione dei valori e della cultura del lavoro che furono patrimonio di quelle generazioni.
Dare loro gli strumenti per affrontare al meglio la vita da adulti, educarli al lavoro, sviluppare in loro una mentalità imprenditoriale sono compiti prioritari che la Provincia che io presiedo si è data.
Il modello di Provincia al quale lavoro e che intendo realizzare è il modello di un Ente aperto al territorio, impegnato nella sussidiarietà, costantemente al fianco delle amministrazioni comunali, in particolar modo quelle dei piccoli Comuni. Un modello di Ente agile ed efficiente, pienamente all'altezza del ruolo che è chiamato a svolgere in tutti i suoi settori di competenza: dalla pianificazione territoriale alla tutela dell'ambiente, dall'istruzione alla formazione professionale ed alla tutela del lavoro, dalla gestione delle infrastrutture alla cura delle politiche sociali, ma un Ente attento anche a cogliere ogni opportunità che gli viene offerta per promuovere lo sviluppo del territorio. E' un cammino che abbiamo già intrapreso: lo dimostra, ricordo, la nostra decisione di avviare uno stretto rapporto con il comitato organizzatore di EXPO 2015 per garantire il pieno coinvolgimento di Piacenza in un evento che riteniamo fondamentale per far compiere al nostro territorio un salto di qualità, lo dimostra il nostro impegno a far sì che Piacenza venga coinvolta a pieno titolo, da terra verdiana, nelle celebrazioni del centenario della nascita di Giuseppe Verdi, che fu, lo ricordo, protagonista della vita di questo Ente.
La Provincia che ho immaginato e che voglio è un a struttura chiave nell'assetto istituzionale del territorio.
Per concludere citando alcuni punti delle linee programmatiche, noi desideriamo
una Provincia che favorisca e accompagni questo dinamismo valorizzando iniziative finalizzate ad un bene comune, che scaturiscano dalla persona, singolarmente o nelle più svariate forme di aggregazione che caratterizzano la nostra società civile.
Una Provincia che sia fautrice e promotrice di momenti di coordinamento tra tutte le realtà che fanno parte della comunità sociale, finalizzati alla ricerca di sinergie e opportunità di sviluppo, tramite la messa a fattor comune di specifiche competenze e capacità.
Una Provincia più aperta agli imprenditori che fanno con passione e capacità il loro mestiere, a chi vuole per i suoi figli scuole di qualità, a chi ha bisogno di servizi alla persona e di una sanità funzionanti ed efficaci.
Saremo una provincia sempre più forte ed unita.
La passione che ci guida nasce dall’orgoglio di appartenere a questo luogo straordinario fatto di donne e di uomini intenti a costruire per sé e per gli altri, capaci di tracciare un profondo solco di umanità, di cultura e di solidarietà nella nostra fertile terra.
Guardiamo al futuro con gli occhi sereni ed il sorriso di chi sa affrontare e vincere sempre nuove sfide, nel lavoro, nel turismo, nella cultura, nell’arte e nella convivenza sociale.
Abbracciamo la creatività dei nostri talenti di ogni età, a cominciare dai giovani, a cui consegniamo una lunga storia di cui sapranno scrivere nuove esaltanti pagine.
Guardiamo al 2015 con intensità e passione, perché l’Expo di Milano aprirà al territorio piacentino la grande opportunità di mostrare al mondo ciò che fino ad oggi abbiamo mantenuto per troppo tempo segreto: le nostre straordinarie eccellenze e il nostro genuino modo di essere e di vivere.
Noi scrutiamo con passione il futuro con gli occhi e la curiosità di un bambino ed è per questo che, oggi, vogliamo ripartire da un grande traguardo: quello dei nostri primi 150 anni.
Le celebrazioni continueranno anche nella giornata del 20 marzo con un altro momento itinerante: un vero e proprio viaggio, nel quale saranno coinvolti anche gli amministratori locali, attraverso il territorio provinciale, che toccherà alcune infrastrutture particolarmente significative realizzate in questo secolo e mezzo di storia. Si passerà dalle dighe del Molato e di Mignano, al ponte sul Trebbia a Tuna, a Bobbio, alla fondovalle del Nure, all’Istituto agrario Raineri, alla strada Agazzana, al ponte sull’Ongina, alla strada dei Due Ponti tra Villanova e Busseto, fino al ponte sul Po tra Castelvetro e Cremona.
Per ricordare la celebrazioni verranno inoltre affissi grandi striscioni sulla facciata della sede di corso Garibaldi e sul Corso Vittorio Emanuele. Sempre sulla facciata della sede sarà proiettato, con un faro installato sul palazzo di fronte alla Provincia una grande scritta celebrativa, in ore notturne. Per l'evento è stato inoltre concesso l'annullo postale. Nel corso dell'anno sono in programa altre iniziative celebrative, fra cui un comvegno di studi, per approfondire la storia dell'Ente dalla sua istituzione ai giorni nostri.