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Rapporto Unicredit, Piacenza piu' forte della crisi economica

PIACENZA, 2 MARZO 2010 - Il subentrare della crisi sull’area piacentina ha intralciato il processo di crescita in tema di export e innovazione. Anche le imprese del territorio hanno accusato il colpo, infatti, subendo l’impasse sia sul fronte produttivo che su quello finanziario. Tuttavia gli imprenditori dell’area guardano con fiducia al rilancio della propria attività, auspicando sinergie sempre più forti con le istituzioni, le associazioni e gli istituti di credito di riferimento per il territorio.
Questi gli aspetti più significativi emersi - per l’area di Piacenza e provincia - dal VI Rapporto UniCredit sulle Piccole Imprese. Un’analisi basata sulle interviste dirette ad un campione composto da 100 piccoli imprenditori locali; un’istantanea delle risorse e delle sfide per il successo delle aziende del territorio.
Lo studio condotto nel Rapporto si sviluppa lungo tre filoni: la valorizzazione del territorio, l’internazionalizzazione e l’innovazione. Tre aspetti legati fra loro, dai quali dipendono il futuro e la prosperità del sistema produttivo piacentino.

I RISULTATI PRINCIPALI

L’indice di fiducia

Il vento della crisi ha soffiato forte sulle imprese del territorio ma la storia, l’esperienza maturata e la forza del sistema produttivo locale hanno indotto gli imprenditori dell’area a pensare con ottimismo al rilancio della propria attività. Lo dice la rilevazione condotta in merito all’indice di fiducia.
Nonostante i timori per l’andamento dell’economia reale e considerando che quanto accaduto ha colpito il sistema produttivo, il peggio sembra ormai alle spalle. Così, gli imprenditori dimostrano di guardare al futuro con un atteggiamento decisamente più positivo. Infatti, se l’indice associato all’ottimismo degli imprenditori nei confronti dei prossimi 12 mesi raggiunge quota 100, quello riferito ai 12 mesi passati si attesta a 75, evidenziando un delta di ben 25 punti.

In particolare, ciò che spinge in alto la fiducia dei piacentini è l’atteggiamento che hanno in merito ad alcuni temi, quali investimenti, tempi di incasso e occupazione (livello dell’indice di fiducia 99). Meno rosea la visione complessiva dell’economia del Paese (54).
 
Gli impatti della crisi e le conseguenze riguardo l’accesso al credito

La causa principale della minore crescita degli impieghi sarebbe da ricondurre al congelamento dei piani di investimento. Ad avvalorare questa tesi è la rilevazione che il peggioramento delle condizioni di mercato è stato accompagnato da situazioni di notevole tensione nella gestione finanziaria dell’azienda a causa dell’allungamento dei tempi di pagamento da parte dei clienti, del calo delle vendite in Italia, dell’aumento del costo delle materie prime. In questo l’opinione degli imprenditori piacentini si discosta di poco dai valori registrati per la Regione nel suo complesso.

Tra le cause delle difficoltà sopravvenute nell’ultimo anno il campione piacentino identifica in primo luogo la riduzione delle vendite in Italia (83%), tema avvertito comunque in maniera forte anche a livello regionale (72,3%). In secondo luogo pesa alla provincia l’allungamento dei tempi di pagamento dei clienti (66,6%), causa identificata ancor di più dalle imprese emiliano-romagnole nel complesso (76,3%). La forbice tra locale e regionale si inverte e aumenta sul tema delle perdite per investimenti finanziari, molto sentito nel piacentino (72,6%) rispetto al resto della regione (49,4%). Incidono meno la richiesta di rientro dalle linee di fido (39,4% è il dato regionale, 31,5% quello raccolto su Piacenza e provincia); e la riduzione delle vendite all’estero (rispettivamente 20,7% e 23,3%).
Nel complesso gli imprenditori dell’area piacentina ritengono la solidità della propria azienda adeguata all’attività svolta. Così risponde il 61,6% del campione intervistato, media in effetti inferiore al valore registrato dal campione a livello regionale (70,8%). Tuttavia va considerato che il 20,3% degli intervistati tra gli imprenditori della provincia ha dichiarato di avere una solidità patrimoniale più che adeguata e di disporre di più mezzi di quanti l’attività non ne richieda. Dato che per la regione scende al 10,3%.
Significativa sia a livello regionale (37,2%) che a livello locale (33,2%) la quota di imprenditori che, pur ritenendo adeguata la patrimonializzazione aziendale, sostengono che con un patrimonio maggiore avrebbero nuove opportunità di mercato.

Gli imprenditori intervistati sono coscienti che la sottopatrimonializzazione, oltre a costituire un limite alle opportunità di sviluppo delle imprese, comporta dei vincoli al rapporto con la banca, soprattutto in termini di condizioni praticate e di volumi erogati.

Dal canto suo il settore bancario ha saputo sostenere l’economia produttiva, a fronte della debolezza in termini di patrimonializzazione delle aziende. Gli istituti di credito italiani, di fronte alla crisi, hanno saputo dimostrarsi flessibili in termini di valutazione del rischio di credito, quando i modelli di valutazione del merito creditizio ispirati a Basilea II si sono dimostrati prociclici.

“Il nuovo modo di fare banca – afferma Alberto Zappa, Direttore Commerciale Emilia Ovest UniCredit Banca - ripone maggiore attenzione alla relazione con il cliente, a porsi come riferimento stabile sul territorio, a stringere accordi significativi con partner strategici quali Confidi e Associazioni di Categoria, che vengono così a svolgere un importante ruolo di mediazione con le banche rispetto all’accesso al credito delle piccole imprese”.

Anche i rappresentanti delle Associazioni di Categoria e dei Confidi locali sono stati coinvolti nelle interviste eseguite per redigere il Rapporto Piccole Imprese.
E hanno indicato come preminenti nella loro attività alcune specifiche azioni, come agevolare l’accesso al credito delle imprese che non riescono a dimostrare la bontà dei loro progetti (88,1%) e aiutare le aziende che hanno scarsi mezzi patrimoniali nel rapporto con la banca (78,1%).
 
I comportamenti dei piccoli imprenditori in risposta alla recente crisi

“Da parte dei piccoli imprenditori – spiega Zeno Rotondi, Responsabile dell’Ufficio Studi Divisione Retail di UniCredit - emerge la consapevolezza della necessità di un cambiamento strutturale, anche al di là della congiuntura negativa legata alla crisi, per cui si rende necessario azionare tutte le leve competitive disponibili: la qualità è individuata quale strategia competitiva, tanto nel breve quanto nel medio-lungo periodo”.

In particolare, si nota che nel breve periodo sia gli imprenditori dell’area piacentina che quelli della regione in generale si concentrano maggiormente sull’aumento della qualità di prodotti e servizi offerti (70,6% dato Emilia Romagna, 76,7% dato Piacenza e provincia). Grande attenzione viene posta al controllo dei costi (64,3% secondo il campione regionale; 72,1% secondo il campione locale).

La qualità resta un punto chiave anche in un’ottica di lungo periodo sia per le imprese della regione (77%) che, nello specifico, per quelle dell’area piacentina (72,5%).
 
Affrontare e vincere la crisi

Il cosiddetto “capitalismo di territorio” è una (o forse addirittura “la”) risorsa primaria dell’economia italiana e, nello specifico, piacentina.
Per un rilancio fattivo, alle aziende occorre un miglioramento qualitativo nelle produzioni che necessita investimenti in capitale fisico e umano di notevole entità.
Occorre un rapporto con il sistema finanziario che sia sempre più leale e trasparente e che veda come protagoniste non solo le banche e le piccole imprese ma anche i Confidi e le Associazioni di Categoria quali partner strategici per lo sviluppo del territorio.
Per un dialogo tra banca e impresa leale e trasparente è infatti fondamentale che l’impresa si presenti “meglio” e con maggiore consapevolezza alla banca. La banca dal canto suo deve “comprendere a tutto tondo” il business dell’impresa, per fornire liquidità e offrire soluzioni adeguate alle esigenze produttive.

 
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