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Ultimo aggiornamento:   12/10/2015  l  15.31  
                               
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Vertenza medici: "Mancano risorse, nel 2009 strordinari per 90mila ore"

Aggiornamento - Si apre oggi la mobilitazione indetta a livello nazionale dai medici contro il Patto per la salute firmato tra Stato e Regioni. Nelle prossime settimane si terranno assemblee nelle principali città d'Italia, e la protesta potrebbe culminare in uno sciopero nel mese di marzo. Motivazione della vertenza, le scarse risorse assegnate alla sanità, appena sufficienti, dicono i rappresentanti delle sigle sindacali di categoria, a garantire la sopravvivenza di un sistema che se per qualità è al secondo posto al mondo (secondo i parametri Osm) per investimenti è il fanalino di coda dell'Ue e al 19esimo posto tra i paesi dell'Ocse.

Oggi si è tenuto un primo incontro nella sala conferenze del parto di Malattie Infettive dell'ospedale di Piacenza, a tenere le redini della riunione i rappresentanti delle principali sigle sindacali come Maurizio Groppi (Anao Assomed, Daniela Padrini (Cimo) e Mino Lanza (Cgil). "Questa situazione - è stato detto - provoca un impoverimento degli organici: ad esempio a Piacenza nel 2009 sono state registrate 80 -90mila ore di strordinario non pagati". 

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Medici sul piede di guerra contro il governo. Oggi la mobilitazione nazionale dei camici bianchi arriva anche a Piacenza con un'assemblea di tutte le sigle sindacali indetta alle 14 presso il nuovo padiglione delle malattie infettive. Nel volantino (in allegato a fondo pagina) si protesta contro lo sfascio del sistema sanitario pubblico con lo slogan: “Cattiva politica, amministratori incapaci e affaristi stanno distruggendo la sanità pubblica italiana: Fermiamoli”. Le ragioni della protesta qui sotto.

PERCHÈ PROTESTIAMO
Nessuna risposta alle esigenze dei cittadini e degli operatori che vogliono
un servizio più efficiente, moderno e di qualità in tutto il Paese.
Nuove chiusure di posti letto ospedalieri senza prevedere alcun servizio
alternativo. Risposte inadeguate alla impellente domanda di assistenza
per gli anziani ed i non autosufficienti. Nessuna risposta alla piaga
delle liste d’attesa che le Regioni scaricano su medici ed operatori costretti
a lavorare in condizioni inaccettabili.
E intanto continua lo scandalo delle nomine politiche di primari e direttori
generali, dove si guarda più alla tessera di partito che alla qualità
delle persone. Aumentano le denunce e gli scandali che mostrano
una connivenza sempre più diffusa tra sanità e malaffare.
Passa sotto silenzio la denuncia fatta dal Capo della Protezione civile
Guido Bertolaso sul fatto che sono almeno 500 gli ospedali italiani a
rischio di crollo per terremoto o altre calamità naturali. Ospedali che
necessiterebbero, insieme a scuole e altri edifici di pubblica utilità, di
un grande piano nazionale di sicurezza ed ammodernamento strutturale
e tecnologico.
Assordante il silenzio calato sulla denuncia dei numerosi casi di intimidazioni
subite, in particolare ma non solo, dai veterinari del Servizio
sanitario nazionale che continuano a subire ogni giorno attacchi e violenze
inaudite che mirano a impedire loro di svolgere con serenità e in
sicurezza i compiti di prevenzione sanitaria, eradicazione delle malattie
degli animali e sicurezza alimentare.
Un quadro allarmante e drammatico, che ha portato i sindacati dei medici
e degli altri dirigenti delle Asl e degli ospedali pubblici italiani, ad
aprire una vera e propria “vertenza salute” per richiamare l’attenzione
di Governo, Parlamento, Regioni ed opinione pubblica sul progressivo e
apparentemente inarrestabile degrado della sanità pubblica italiana. Il
rischio più grande – denunciano i 130 mila dirigenti del Ssn – è quello
di arrendersi di fronte a una realtà di disfacimento del sistema sanitario
pubblico italiano, che ormai non offre più neanche la consolazione
di un Centro-Nord che “tutto sommato se la cava”.
Dinanzi a scelte di basso profilo per la sanità, è tutto il sistema ad andare
in crisi. Anche nelle realtà fino ad oggi considerate di buon livello.
Il fondo sanitario nazionale italiano continua ad essere tra i più bassi
di tutta la comunità europea e dei Paesi dell’OCSE (l’Italia è ormai al
19° posto per la spesa destinata alla sanità) con ripercussioni fortemente
negative, da una parte, sulla qualità e quantità delle prestazioni
da garantire ai cittadini e, dall’altra, sulle condizioni di lavoro degli
operatori sanitari.
Del resto anche il nuovo Patto per la Salute non risolve il problema ormai
cronico dello spreco di risorse da parte di molte Regioni, che, in accordo
con il Governo, preferiscono fare ricorso, ancora una volta, a tagli indiscriminati
delle voci di spesa, quali la rottamazione dei Medici invece
di predisporre piani di risanamento gestionale e di ristrutturazione dei
servizi, con il risultato che molti cittadini vedranno messa in discussione
la stessa erogazione delle prestazioni essenziali.
L’ulteriore riduzione del numero di posti letto per acuti (3,3 per mille
abitanti) ne produrrà un ulteriore taglio (si calcolano quasi 10 mila letti
in meno) che in presenza di un forte ritardo della riorganizzazione della
rete ospedaliera e dei servizi territoriali rischia di provocare un vuoto
assistenziale nel quale saranno risucchiate prioritariamente le fasce di
popolazione più deboli, gli anziani, i malati cronici, i portatori di polipatologie.
Per tutte queste ragioni oggi il vero pericolo non è solo e tanto quello di
vederci rassegnati ad una sanità a due velocità (Nord e Sud), ma quello
di trascinare tutta la sanità italiana ai livelli insufficienti, se non pessimi,
di molte realtà soprattutto meridionali.
LE NOSTRE PROPOSTE
1. Maggiori risorse economiche più adeguate al fabbisogno del Ssn,
valutabili in almeno 110 miliardi di euro per il 2010 e 115 miliardi
di euro per il 2011 (oggi il Patto ne prevede solo 106,2 per il 2010
e 108,6 per il 2011), accompagnate da un maggiore rigore nel controllo
della spesa sanitaria da parte delle Regioni.
2. Un Piano nazionale per la ristrutturazione, l’ammodernamento e la
messa in sicurezza del patrimonio sanitario pubblico (ospedali, ambulatori,
servizi territoriali, tecnologie) con uno stanziamento di almeno
15 miliardi di euro nei prossimi dieci anni (il Patto ne stanzia
poco più di 5).
3. Garanzia che i decreti attuativi del federalismo fiscale non mettano
in discussione in alcun modo l’unitarietà del sistema sanitario
e il diritto dei cittadini ad avere la stessa quantità e qualità dei
servizi erogati.
4. Emanazione dei nuovi più volte annunciati Livelli di assistenza che
diano risposta alle nuove esigenze dei cittadini, a partire dagli anziani,
i disabili, le donne e gli affetti da malattie rare che aspettano
da anni risposte assistenziali e servizi adeguati.
5. Abrogare la norma che autorizza i direttori generali delle Asl a mandare
in pensione anzitempo i medici del Ssn.
6. Garantire comunque il turn over negli ospedali e nelle Asl per non
mettere a rischio la qualità del servizio e la stessa sicurezza delle
cure.
7. Fuori la cattiva politica dalla sanità, a partire dalle nomine di manager
e primari che devono essere affidate a criteri basati esclusivamente
sul merito professionale dei candidati.
8. Sanare lo scandalo delle migliaia di medici ed altri dirigenti precari.
La sanità non può vivere nella precarietà professionale perché
deve contare sempre su professionisti motivati, giustamente valorizzati
e non “ricattabili” da parte dell’amministrazione.
9. Provvedimenti concreti sulla sorte della libera professione intramoenia
a pochi mesi dalla scadenza dell’ennesima proroga (31
gennaio 2010).
10. Rivalutazione economica e professionale della dirigenza del Ssn
già a partire dal biennio 2008-2009 non ancora definito e della indennità
di esclusività il cui importo è fermo al 2002, e soprattutto
con una complessiva rinegoziazione dei trattamenti economici e
normativi della categoria nella prossima tornata contrattuale, per
la quale nella finanziaria 2010 non vi sono le necessarie risorse.

 
Voci correlate:
  • medici
  • sindacati
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    Commenti:


    Precisazione
    "Dirigenti medici" è una questione di inquadramento: per capirci sono tutti dottori che sono in corsia, e i primari. 130mila sono dirigenti medici italiani, medici e primari tra cui ci sono anche gli amministrativi
    Mattia M.
    19/01/2010  15.01

    Basta Manager superpagati
    Basta un'assemblea pubblica, con i lavoratori e gli operatoti, si fanno i nomi...e a casa.
    Andrea G.
    19/01/2010  10.39

    ???
    130 mila dirigenti? Sono le persone che lavorano nella sanità che sanno quali sono gli amministratori incapaci, e allora perchè non iniziano a fare qualche nome? 130 mila servono davvero?
    robi
    18/01/2010  15.51


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