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Arriva la crisi: nel 2009 cala il reddito procapite dei piacentini

Anche a Piacenza si fa sentire la crisi economica: cala il reddito procapite disponibile da 21.552 euro del 2008 a 21.328 euro del 2009. Il calo, come evidenziato della sedicesima edizione dell’Osservatorio di Findomestic Banca sul consumo di beni durevoli in Emilia Romagna, presentato oggi a Bologna è però generale.. Nel 2009, la spesa complessiva per l’acquisto di beni durevoli si è attestata a 5.294 milioni di Euro (-8,0% rispetto ai 5.757 Euro del 2008): il dato evidenzia come la contrazione dei consumi sia leggermente superiore al calo registrato nel resto del Paese (media italiana: -7,5%).

Le province

A livello provinciale si notano differenze significative nella distribuzione del reddito: Bologna rappresenta l’area in cui si registra il reddito disponibile pro capite più elevato (23.405 Euro, con una contrazione dell’1% rispetto ai 23.632 del 2008), seguita da Modena (a quota 22.681 Euro, che fa registrare un calo dell’1,3% nei confronti ai 22.976 Euro dell’anno precedente). Rimini (con 22.299 Euro, -1,2% rispetto ai 22.574 Euro del 2008) e Forlì (che passa dai 22.264 Euro del 2008 ai 21.983 Euro del 2009, con un calo dell’1,3%).

Leggermente inferiore, ma sempre ben al di sopra della media nazionale, il reddito registrato a Ferrara (con 21.709 Euro, -0,2% rispetto ai 21.759 del 2008), Parma (che passa dai 21.915 del 2008 ai 21.682 Euro del 2009, con una variazione del -1,1%), Piacenza (che fa registrare 21.328 Euro, -1,0% rispetto ai 21.552 del 2008), Ravenna (a quota 21.219 Euro del 2009, contro i 21.470 dell’anno precedente) e Reggio Emilia (con 20.145 Euro, -2,1% nei confronti dei 20.583 del 2008).

Le cifre del comparto mobili hanno inciso maggiormente sui bilanci familiari, dopo le spese per auto nuove. Bologna è la realtà più consistente, in termini di volumi di spesa, con 295 milioni di Euro destinati a questo genere di beni durevoli; seguono Modena (con 208 milioni di Euro), Reggio Emilia (144 milioni di Euro) e Parma (126 milioni di Euro). Importanti anche i volumi registrati a Ravenna (che fa registrare consumi per 124 milioni di Euro), Forlì (con 115 milioni di Euro), Ferrara (110 milioni di Euro), Rimini (95 milioni di Euro) e Piacenza (87 milioni di Euro).

I circa 342 milioni di Euro impiegati nell’acquisto di elettrodomestici bianchi e piccoli acquistati in Emilia Romagna sono così suddivisi: 83 milioni sono stati impiegati a Bologna, contro i 51 milioni di Modena, i 35 milioni di Parma, i 33 di Reggio Emilia, i 32 di Ferrara e Ravenna, i 29 di Forlì e i 23 milioni di Euro di Piacenza e Rimini.

Per quanto riguarda l’acquisto di elettrodomestici bruni, è sempre Bologna a far registrare i consumi più elevati con 73 milioni di Euro. Seguono Modena, con 47 milioni di Euro, Reggio Emilia con 31 milioni, Parma (30 milioni). Chiudono la classifica Ravenna, Forlì e Ferrara (a quota 28 milioni di Euro) e Rimini e Piacenza (con 20 milioni di Euro)

Il comparto informatica, infine, che nel complesso in Emilia Romagna nel 2009 valeva circa 121 milioni di Euro, ha registrato consumi complessivi di circa 28 milioni di Euro a Bologna, 18 milioni a Modena, 12 milioni a Reggio Emilia e Parma, 11 milioni di Euro a Forlì, Ravenna e Ferrara e 8 milioni a Rimini e Piacenza.

Nel 2009 in Emilia Romagna i consumi per beni durevoli hanno subito un’accentuata flessione, superiore a quella media nazionale in molti capitoli di spesa. Tra le più marcate d’Italia è stata la riduzione della spesa per auto nuove, acquisto particolarmente penalizzato nelle province di Modena (-15,9% la spesa per famiglia in valore), Reggio Emilia (-13,5%) e Bologna (-9,4%). La minore riduzione di spesa per l’acquisto di articoli durevoli è stimata per Ferrara, città con un livello di consumi durevoli pro capite in valore esattamente uguale a quello medio regionale (2.705 Euro).

Conclusioni

L’Emilia Romagna ha evidenziato nel corso del 2009 una caduta dell’attività economica più attenuata della media italiana, ma più importante di quella media dell’area nord-orientale. La spesa per consumi espressa in termini reali, pur in flessione, ha mostrato in Emilia Romagna una maggiore tenuta rispetto ad altre realtà regionali, tanto che l’area presenta una riduzione meno profonda sia della media italiana sia di quella del Nord Est.

Nonostante gli elevati livelli di reddito pro capite che caratterizzano Bologna, la maggiore diffusione nel comune capoluogo di strutture distributive organizzate e di elevate dimensioni sembra aver consentito un risparmio di spesa sugli articoli durevoli per la casa, come pure la maggiore copertura di servizi di trasporto efficienti e capillari – associati a provvedimenti restrittivi sull’uso dell’auto in ambito urbano – ha reso meno indispensabile l’acquisto dell’auto.

Alcune tendenze nazionali che si riscontrano anche in quest’area

La crisi perdurante ha accresciuto l’insicurezza individuale e relazionale dopo la forte preoccupazione iniziale che, per alcuni soggetti, è sconfinata nel timore di una totale perdita di controllo.

Se si immagina la crisi come un tunnel il 40% degli intervistati pensa di essere a metà percorso, la stessa percentuale ritiene di non essere giunta a metà del guado e solo il 20% crede di essere in vista dell’uscita. Il maggior timore sembra essere quello di non disporre di abbastanza “ossigeno” per arrivare alla fine. L’uscita dal tunnel sarà in ogni caso contraddistinta da una ripresa lenta e faticosa, connotata da un serio problema occupazionale e da un conseguente aumento delle disparità sociali.

La classifica dei sacrifici di fronte alla recessione è molto chiara: si comprimono le spese per i mobili, l’abbigliamento, i viaggi e le vacanze, il tempo libero e le collaborazioni famigliari, ma non si fanno tagli su istruzione, spese alimentari e mediche. La famiglia è diventata una vera e propria mini azienda in cui si reagisce alla recessione in funzione di quanto si è stati colpiti, quasi sempre con una stretta sui costi, senza però dimenticare il morale e quindi con la concessione talvolta di beni consolatori: le gite, le vacanze brevi, qualche ristorante, un gelato, il DVD a nolo anziché il cinema

Se si esaminano le preoccupazioni di fronte alla crisi occorre segnalare che la criminalità e il mantenimento del posto di lavoro svettano per importanza, soprattutto fra le donne e le persone con i livello di reddito e di istruzione più bassi: certamente le categorie più fragili. Per la prima volta quest’anno emerge una nuova paura: quella per l’individualismo esacerbato che si colloca al terzo posto fra le preoccupazioni maggiori.

Le minori entrate fanno temere per il mantenimento del tenore di vita anche se i prezzi non aumentano. Si ha più paura di indebitarsi eccessivamente piuttosto che non ricevere credito dalle banche. Parimenti sono temuti i rincari dei prezzi in generale e, in particolare, quelli dei servizi pubblici. Nel medesimo range si pongono altre due preoccupazioni: quelle relative all’ondata migratoria e quelle concernenti il declino dell’Italia rispetto agli altri Paesi.

La recessione agisce anche sui valori aumentando quelli relativi alla sfera individuale e famigliare: acquisiscono importanza l’avere fiducia in se stessi, il credere nella famiglia e il saper porre dei limiti alle nuove generazioni, la forza d’animo, l’ecologia, lo spirito di sacrificio, l’umiltà, la flessibilità e l’autonomia del fare. Restano stabili i valori fondativi quali la solidarietà intergenerazionale, l’istruzione, la correttezza e l’onestà.

 
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