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Ultimo aggiornamento:   12/10/2015  l  15.31  
                               
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Cartolina da ... San Paolo. I lettori globetrotter scrivono a PcSera

Una piacentina (barcellonese d’adozione) a Sao Paulo
 
Ho da poco festeggiato i miei primi due mesi di residenza paulistana (è così che si chiama l’abitante della città di Sao Paulo, da non confondersi con il “paulista”, residente dello stato di Sao Paulo, nda).
 
Lo sbarco all’aeroporto internazionale di Guarulhos (o Cumbica) è stato agghiacciante: dopo un bel viaggio di 13 ore (scali compresi), il viaggiatore non-brasiliano viene accolto intorno alle 6 del mattino in un salone grigio, scuro e inospitale da un corridoio serpeggiante di altri viaggiatori arrivati (imprecazioni varie) solo qualche minuto prima di lui, in coda davanti agli sportelli (tipo 4 per mille persone). Si addentra, già esausto, nel marasma apparentemente ordinato dalle strisce di fettuccia di tela e si appresta a passare una bella ora in più in attesa del controllo passaporto... A tutto questo sommiamo che la famiglia Martín Zappa (di cui la sottoscritta è membro) è composta da due adulti e due marmocchi che evidentemente non hanno la minima pazienza per stare in fila per più di un’ora.... ma ce la fa.
Dopo il terribile arrivo e dopo aver raccolto le 8 valige extralarge in cui abbiamo incredibilmente ficcato la nostra vita precedente, ci lanciamo nel temibile traffico paulistano. Il primo impatto che la città ha sul nuovo arrivato è a dir poco demoralizzante: ambiente grigio, strada dissestata, fabbriche e capannoni abbandonati o riconvertiti in favelas, sovraffollamento di auto e camion, venditori ambulanti che se ne approfittano del traffico sempre congestionato e sullo sfondo un’accozzaglia di grattacieli avvolti da una nube grigiastra... Molta voglia di andarci in mezzo non ti viene.
Ci addentriamo nella città in taxi, assediati dalle valigie, spaesati e sonnolenti. Passiamo attraverso il centro “storico” e anche lì il panorama non è dei migliori. Molte, troppe persone vivono per strada, tra cartoni che ormai non sono più buttati lì, ma organizzati proprio come se si trattasse di una casa. Molte altre persone apparentemente senza lavoro sembra che passino la giornata a vedere le auto passare e probabilmente a chiedere l’elemosina. Ma anche molta gente che va a lavorare in auto, a piedi o in moto (uno dei suoni tipici del traffico paulistano è il “pip-pip-pip-pip” dei motociclisti che circolano solo tra una corsia e l’altra e si fanno costantemente largo con il clacson). Biciclette davvero poche, quasi una pratica suicida nei giorni feriali. Gli edifici del centro di Sao Paulo sono vecchi e tenuti abbastanza male (la zona centro si sta recuperando poco a poco, dicono...).
La sensazione è di essere arrivati in una grande città che è rimasta ferma agli anni 70. In generale è un po’ angosciante.
Continuiamo nella marea di auto e finalmente arriviamo a destinazione. Dopo aver lasciato indietro la zona centro ci siamo diretti verso il sud della megalopoli e siamo arrivati a quello che è diventato il nostro quartiere, Vila Nova Conceiçao.
Qui, la storia cambia completamente. Gli edifici hanno cambiato faccia, accanto ai vialoni stipati di auto si è aperta una zona di strade più strette e alberate con case, casette e ancora molti condomini di 14 o 15 piani. È il quartiere del parco più famoso e apprezzato di Sao Paulo, il Parco di Ibirapuera, una meraviglia tropicale in mezzo alla città. È il Central Park di Sao Paulo. Eh sì, viviamo in un quartiere bene, direi quasi chic. E c’è gente che lo fa notare: macchinoni, signore, anche abbastanza giovani, vestite superfashion e con le unghie di mani e piedi sempre smaltatissime. Qui e in molti altri quartieri, tutti i condomini, oltre ad essere protetti da reti elettriche ad alta tensione, hanno portiere e vigilanza fissi 24 ore al giorno. Quello che colpisce, però, è che uno va in giro e non ha la sensazione che tutta sta protezione sia poi necessaria. Grazie al cielo, posso dire che il clima di violenza o di pericolo costante che dovrebbe essere proprio della città è per noi ancora un mito.
Ho cominciato subito a girare in macchina per la città proprio per non cadere nella paura dell’ignorante. Mi sono paulistanizzata il più possibile fin dall’inizio, per cercare di capire in fretta come si vive in una città di 10 milioni di abitanti. E devo dire che non è poi così tremendo come mi aspettavo.
Il traffico è effettivamente pessimo. La quantità di veicoli in transito a qualsiasi ora del giorno e della notte lascia a bocca aperta. Però i brasiliani se la prendono con filosofia e guidano molto meglio di quel che si possa immaginare. Non suonano quasi mai il clacson (salvo le moto), sono civili in una misura più che ragionevole con gli altri automobilisti (ma, ahimé, non tanto coi pedoni), e soprattutto non perdono quasi mai la calma. Sono rassegnati. Qui si dice sempre che sai quando parti ma mai quando arrivi. Il traffico è la scusa perfetta per i ritardatari. Serve sempre. Ah, un altro dato: Sao Paulo è la citta con la più alta concentrazione di elicotteri del mondo...devo spiegare il perché?
Dopo due mesi qui, una cosa la posso dire “con certeza”: i brasiliani sono fantastici. Ho conosciuto gente di Sao Paulo, Bahia, Rio de Janeiro e Minas Gerais, e sono tutti accomunati da uno spirito allegro, ospitale e positivissimo. Ti accettano e accolgono in modo naturale. Fanno di tutto per aiutarti in modo assolutamente disinteressato.
Ora mi manca solo incontrare qualcuno che m’insegni a ballare la samba e la capoeira. La prossima volta vi racconto...

Viviana Martín Zappa
 

 
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