Lettera di Massimo Polledri, parlamentare della Lega Nord, sul reato di omofobia
Egregio Direttore,
In questi giorni siamo rimasti colpiti da episodi di violenza a danno di alcune persone omosessuali. La vicinanza alle vittime è stata dimostrata con fiaccolate ed attestati.
Siamo in una società razzista che discrimina o malversa le persone per il proprio orientamento sessuale? Non credo proprio... Eppure è quello che molti attivisti sostengono, anche con una certa virulenza.
Per questo da tempo propongono risoluzioni a livello di parlamento europeo e legislativo. Anche in Italia si parla di ristabilire il reato di omofobia o almeno di considerarla aggravante. L’introduzione nell’ordinamento di nuove fattispecie che sanzionino penalmente le discriminazioni o l’istigazione a discriminazioni, però, non farebbe che aggravare la convivenza, gettare un clima ingestibile di sospetto e limitare la libertà di espressione. Se passasse il testo dei progetti di legge Concia e Di Pietro, che vorrebbero introdurre nel codice penale l’aggravante inerente all’orientamento sessuale della persona offesa dal reato ed all’identità di genere, la madre che cercasse di persuadere la figlia di non sposare una persona che manifesti un orientamento “bisessuale”, rappresentandole i rischi per la formazione di un nucleo familiare stabile, potrebbe essere responsabile del reato di istigazione alla discriminazione per motivo di orientamento sessuale. Allo stesso modo potrebbe essere responsabile del reato di discriminazione anche il padre che si rifiutasse di affittare al figlio un appartamento di sua proprietà, destinato alla convivenza con una persona dello stesso sesso. Il fatto è che la discriminazione è un concetto troppo generico e indeterminato per essere terreno di specifica sanzione penale. Non è infatti possibile centrare il diritto penale sulla previsione dei delitti di «odio». Il rischio è sovvertire il principio del «diritto penale del fatto». Già ci sono le aggravanti, lasciamo a queste la descrizione della specificità dei casi, senza aprire il campo a casistiche incontrollabili. Qual è l’esito che si vuole ottenere? Quale il fine ultimo? Si vuole forse arrivare a sanzionare i preti che nel corso della messa leggono passi come la lettera di San Paolo agli Efesini?
Il fatto è che, al di là delle questioni tecniche e procedurali, sullo sfondo di simili proposte si cela l’eterno demone relativista, quasi che la condizione di natura dell’uomo fosse modificabile a piacimento. Per i profeti della morale “fai da te” anche l’essere uomo o donna è opinabile. Il mix tra maschio e femmina può essere gestito a proprio piacimento. Quella che si intenderebbe sanzionare è una distinzione di generi che sfuma nella promiscuità. Il riferimento sessuale è puro “flatus vocis”. Non esiste più il diritto naturale ma soltanto il desiderio che si fa legge. E questo non c'entra con il costume sessuale. Ovviamente ognuno di noi è libero sotto le lenzuola ma il valore sociale e naturale dell' unione della famiglia non si può contestare se non sovvertendo i principi naturali di partenza. Allo sfaldamento delle sicurezze, marca del pensiero debole, la Lega contrappone la certezza dell’identità. È un fatto culturale. A nostro avviso non è necessario inserire ingestibili fattispecie nelle sanzioni penali perché, per come la vediamo noi, maschilità e femminilità sono concetti precisi. E quando le cose sono definite non si corre il rischio di confonderle.
Massimo Polledri
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