Sintesi dell’intervento dell’Avv. Umberto FANTIGROSSI al convegno promosso dall’Associazione pendolari di Piacenza sul tema: “Disservizi cronici e tutela degli utenti”.
La Sentenza del Giudice di Pace di Piacenza dott. Cutaia del dicembre 2008 ha applicato per la prima volta al settore del trasporto ferroviario un principio sacrosanto e già affermato a livello normativo anche per altri pubblici servizi: il gestore che non rispetta gli standard minimi di qualità deve risponderne agli utenti anche in termini di risarcimento dei danni. I pendolari vengono colpiti dai disservizi in ambiti protetti dalla Costituzione (lavoro, famiglia, salute) e quindi anche questi danni esistenziali prodotti dalla pessima condizione di viaggio (ritardi cronici, pulizia, gestione delle emergenze, ecc.) devono e possono trovare un ristoro economico, al di là della concessione periodica di indennizzi automatici, tipo i bonus mensili.
Naturalmente si confida che su questo fronte giudiziario quella sentenza trovi conferma in appello e che venga seguita anche nelle varie decine di cause dello stesso tipo avviate davanti ad altri giudici di pace.
La tutela degli utenti deve però essere rafforzata anche sul piano legislativo. Dopo la privatizzazione e l’avvio di un processo (peraltro appena ai primi passi) di liberalizzazione è mancata una funzione forte di indirizzo amministrativo e di controllo perché tutti i servizi di trasporto che si avvalgono di reti pagate dai contribuenti continuino a rispondere a logiche di interesse generale: tutta la materia deve essere ripensata ed adeguata all’esigenza che anche in un contesto di mercato concorrenziale (potenziale) prevalga sempre il criterio della centralità dell’utente.
In questo senso i pendolari devono contestare la pretesa di Trenitalia di confinare i caratteri e le esigenze del servizio pubblico sono nei ristretti ambiti del c.d. servizio universale (leggasi trasporti regionali sovvenzionati), ritagliandosi piena libertà d’azione per tutti gli altri comparti (servizi nazionali, alta velocità, ecc.). Tale richiesta è pienamente giustificata dal fatto che tutte le infrastrutture sono pubbliche e che anche per l’ordinamento comunitario le capacità di trasporto delle reti devono essere distribuite secondo canoni di neutralità e di non discriminazione.
Vanno qui richiamati, specificatamente per quanto riguarda la TAV, gli impegni sottoscritti e non rispettati con le collettività locali al momento delle convenzioni per l’approvazione del progetto dell’opera: quegli impegni prevedevano che le tipologie di servizi da rendere sulla nuova infrastruttura avrebbero dovuto essere adeguate alle esigenze locali e comunque concordate. Su questo punto gli Enti locali devono far seguire alle diffide dei mesi scorsi iniziative, anche giudiziarie, più incisive. In questo senso è importante che una quota delle risorse finanziarie recentemente impegnate dal Governo nel settore vadano destinate all’acquisto di treni per servizi pendolari che viaggino sulla nuova linea TAV.
Inoltre gli utenti non vanno solo risarciti per le conseguenze dei disservizi ma vanno consultati e coinvolti nell’individuazione degli indirizzi di settore e nella definizione dei contenuti dei contratti di servizio, sia a livello nazionale che regionale. Il rischio è infatti che le Regioni siano controparti deboli, e che anche nel comparto ferroviario si generi un fenomeno di “cattura” del controllore da parte del controllato.
Ultimo capitolo è quello della sicurezza. I troppo frequenti incidenti sono sintomatici di una situazione in cui le logiche dei tagli finanziari per risanare i bilanci hanno prevalso su tutto il resto. Occorre infine garantire maggiore indipendenza e terzietà degli organi di controllo.
APPROFONDIMENTO SULLA QUESTIONE
LA TAV ANCHE PER I PENDOLARI !!
L’attuale contratto di servizio tra la Regione Emilia-Romagna ed il Consorzio Trasporti Integrati (di cui fa parte Trenitalia) non riguarda e non prevede l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria ad Alta Velocità.
Ma al momento dell’approvazione da parte degli enti locali dell’opera e del suo tracciato (Accordo Quadro del 1994 e relativi protocolli), furono assunti precisi impegni, a favore delle esigenze di mobilità dei territori attraversati, tra i quali anche quello di determinare le tipologie di nuovi servizi in accordo con le collettività locali. Su questo punto alcune mesi fa su richiesta dei pendolari il Comune e la Provincia hanno inviato a Trenitalia una diffida formale per ottenere il rispetto di quei patti, minacciando ulteriori azioni legali, cui nulla è seguito.
Oggi i pendolari rinnovano la richiesta di utilizzare la nuova linea (inutilizzata al 90% della sua capacità) anche per i servizi interregionali. Occorre considerare che il nodo di Piacenza, nel quale si trova un punto di interconnessione tra la Stazione ferroviaria, la vecchia linea e la nuova, si presta perfettamente ad assicurare un utilizzo dell’A.V. al servizio di una pluralità di aree e zone (direttrici Torino-Bologna, Genova-Bologna, ecc,) oltre a quell’unica attualmente servita (Milano-Bologna-Roma) con caratteristiche quindi del tutto eccedenti l’ambito del “trasporto pubblico locale”, di cui al trasferimento di competenze alle Regioni.
A giustificazione di tale richiesta sta anche un altro motivo “giuridico”: la linea ad A.V. e la sua capacità devono conformarsi ai principi posti dalle Direttive comunitarie in materia, che prescrivono espressamente una ripartizione equa, non discriminatoria e tale da consentire un utilizzo efficace e ottimale dell’infrastruttura ferroviaria, principi che non trovano certo attuazione ove la linea in questione sia mantenuta al solo servizio di qualche migliaio di viaggiatori/giorno. Va da sé che il rispetto delle disposizioni dell’Ordinamento comunitario vada anch’esso assicurato in via primaria dallo Stato italiano, cui le direttive dell’U.E. sono principalmente dirette.