Questa mattina alle ore 12.00 nel Salone dei Depositanti del Palazzo Galli di via Mazzini si è tenuto il forum "Il futuro del lavoro", nella cornice del Festival del Diritto che da ieri (fino a domenica) sta creando a Piacenza un grande clima di dibattito.
Il giornalista del Corriere della Sera Dario Di Vico ha coordinato l'incontro a cui hanno preso parte Maria Vittoria Ballestrero, ordinaria del Diritto del lavoro presso l'Università di Genova; Susanna Camusso, segretaria confederale della CGIL; Laura Pennacchi, direttrice della scuola di democrazia della Fondazione Basso.
Ha iniziato a relazionare Susanna Camusso, affrontando anche le radici culturali del delicato periodo attuale e ponendo la domanda "che Paese avremo quando si uscirà dalla crisi?", sottolinenando così l'inadeguatezza che a quel punto - posto che dalla crisi prima o poi se ne esca - potrebbe avere la nostra industria ed evidenziando l'attuale errore di valutazione che sia le Istituzioni, sia specialmente i sistemi informativi paiono compiere riguardo al tema del lavoro. "Non è possibile, per esempio, che si sia arrivati all'idea che per difendere il proprio posto di lavoro si possa o si debba mettere a rischio anche la propria vita; così come non è possibile parlare di lavoro solo a condizione che ci si costruisca sopra un bello spettacolo televisivo".
Laura Pennacchi ha rintracciato le origini della crisi nella cultura del debito che negli scorsi anni imperversava. La deregolazione finanziaria sfrenata ha così finito coll'aggredire e colpire al cuore i mercati del lavoro. Chi sono i colpevoli? Di certo una cosa fa specie: "Proprio in questo momento di grave crisi per tutti il sistema bancario-finanziario è tornato a fare profitti. Può far pensare". Dal suo punto di vista il Governo ha sbagliato in molteplici questioni, come l'atteggiamento verso il problema Alitalia; la decisione di edificare il ponte sullo stretto di Messina; un mancato deciso controllo all'evasione fiscale; l'abolizione dell'ICI. "Con quelle risorse", spiega, "avremmo potuto capitalizzare le banche ad un costo più basso dell'8%; avremmo potuto evitare di tagliare 8 miliardi di euro agli enti locali e avremmo finalmente potuto investire nella ricerca e nello sviluppo del settore della riconversione ambientale". Evidentemente sono le scelte che fanno la differenza.
Maria Vittoria Ballestrero ha inziato col fare una puntualizzazione: "più che domandarci quale lavoro, sarebbe forse più opportuno domandarci quali lavori", visto e considerato che a seconda delle categorie di lavoratori, ci sono diverse precisazioni da fare. A suo parere la riforma Brunetta ha sancito una battuta d'arresto per quello che era il lavoro nella pubbliche Amministrazione, portando alla fine della contrattualizzazione collettiva.
Di contro, nella dicotomia tra lavori ancora in qualche modo garantiti e lavori precari, il lavoro privato appare come una costellazione di lavoretti, nel paradigma culturale di una flessibilità che mai come oggi fa rima con precarietà.
"A fronte della prospettiva di perdere mezzo milione di posti di lavoro" - prosegue la Ballestrero - "si sta pensando di introdurre un contratto unico con protezione crescente secondo l'anzianità di servizio, rischiando di eliminare la tutela di fronte alla possibilità di licenziamento. Si potrebbe risolvere il rapporto di lavoro con un risarcimento economico. Curioso come proprio in un periodo come questo ci si occupi di togliere una tutela così importante".