Come è possibile passare dall’essere un borghese socialmente ben inserito all’essere considerati un paria della società?
Basta essere cittadino modello di una qualunque città del nord Italia, ma con l’insolita abitudine di avere come più cari amici prima, e come coinquilini poi, dei giovani africani.
E’ precisamente quello che avviene al protagonista di questo romanzo dal sapore autobiografico; Sandro, a causa delle sue amicizie così poco usuali, si ritrova a perdere completamente la sua vita di sempre, il suo lavoro e gli affetti, e a diventare straniero nel proprio Paese, relegato al ruolo di ospite non troppo gradito, così come sono considerati i suoi conoscenti africani. Poco importa che gli extracomunitari di cui è amico siano titolari di lavori stabili e socialmente riconosciuti e conducano una vita assolutamente simile a quella di qualsiasi italiano, per molti, troppi “bianchi” restano sempre più tollerati che realmente integrati.
Pallavicini ci regala un affresco della provincia media italiana, in cui il politicamente corretto sfuma neanche troppo velatamente nel razzismo più becero e intriso da stereotipi e pregiudizi.
Contemporaneamente questo romanzo mostra anche una sorta di “razzismo al contrario”, ovvero i pregiudizi e le incompatibilità culturali che gli immigrati provano nei nostri confronti.
Questo romanzo però è pervaso da un sottile ottimismo, quello che non permette al protagonista di deporre le armi in nessun momento della sua vita, rappresentato anche nella frase di copertina “L’espoir fait vivre” , e che trova una ragione d’essere nella romantica conclusione del racconto.
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