PiacenzaSera.it ha chiesto a un caro amico, Lorenzo Calza, scrittore ("La commedia è finita") e scenaggiatore del fumetto Julia, di commentare i temi proposti all'esame di stato.
Sono tracce più “centrate” rispetto al passato, capaci di interessare un diciottenne?
E’ difficile entrare nella testa di un diciottenne, e questo da sempre. Io avrei fatto cenno all’evento più importante della nostra epoca: Obama. Il quale apre tanti “links” anche a livello di utilizzo della comunicazione. Comunque, sono certo che la stragrande maggioranza si è buttata sul titolo di attualità. Internet e i social network sono la rivoluzione di oggi. Per usare parole grosse: stanno cambiando l’antropologia delle giovani generazioni, forse dandoci un assaggio del futuro “uomo planetario”. Sarebbe interessante dare una sbirciatina a quello che ne pensano i ragazzi…
Che giudizio dai dell'esame di maturità? E' ancora un rito, il passaggio all'età adulta?
Rispondere “no” è scontato, quasi banale. Di quei titoli colpisce il linguaggio, così lontano e arcaico. Tutti gli adulti progressisti come me vorrebbero percorsi di coinvolgimento, partecipazione attiva, stile scuola di Barbiana, “L’attimo fuggente”, e roba del genere. Ma alla fine, un rito è un rito, a prescindere dal romanticismo. Quell’esame non ha un valore didattico, ma esistenziale. E’ la porta che ti proietta verso un’altra dimensione della vita.
E infine un flash sulla TUA maturità… 20 anni fa, vero?
Ricordo appunto il senso di “attraversamento” di quella soglia. Sentirsi eccitati, spaesati, ma finalmente con un’auto sotto le chiappe. Nel mio caso una Renault 5 scassa, color cacca di piccione. Quell’estate sbocciò l’amore anche se il mondo entrava nelle nostre case con tanti interrogativi. C’era stata la piazza Tien-an-men e poi sarebbe crollato il muro di Berlino, come nella traccia del saggio breve. Vorrei avere la macchina del tempo, tornare indietro. L’io-di-oggi avrebbe scelto la traccia sul muro, con tutto ciò che implica. Ma l’io-di-allora manco si poneva il problema. Scrisse, parlò, vomitò fuori tutto quello che sapeva, come a volersi liberare. Non vedeva l’ora di finire tutto, lanciare per aria i libri, andarsene in Trebbia con gli amici, la ragazza, e poi a fare l’amore. La “macchina di quel tempo” era una Renaut 5 scassa, color cacca di piccione!
Lorenzo Calza
|