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'Coraline': la recensione di PiacenzaSera.it in anteprima
  

Coraline ha i capelli blu, una cerata gialla ed è figlia unica. Si è appena trasferita con i genitori in una nuova casa, che divide con degli eccentrici ma noiosi vicini: una coppia di anziane e rugose attrici-acrobate, malandate veggenti con un’ossessiva passione per i cani; un addestratore di topi russo, un ragazzino con la passione per i travestimenti splatter succube della nonna. Nella città da cui è partita ha lasciato gli amici del cuore, e nella casa in cui è arrivata non solo non trova estranei interessanti con cui parlare, ma viene persino snobbata dai genitori, scrittori di manuali di botanica che con il verde, in realtà, hanno poco a che fare.
La sua avventura nasce dal compito che il padre le affida per allontanarla dal suo computer: fare l’inventario di tutte le porte e le finestre della grande abitazione. Una di queste, l’ultima, attraverso un tunnel la proietterà in un mondo parallelo, in cui il grigiore della vita reale sarà cancellato da un arcobaleno di colori, da un’altra mamma e un altro papà attenti e premurosi, da vicini che non solo hanno perso tutti i loro difetti, ma che si riveleranno personaggi straordinari.
C’è solo un piccolo particolare: tutti, al posto degli occhi, hanno un paio di bottoni. Proprio come le bambole di pezza.
Esce oggi nelle sale “Coraline e la porta magica”, film d’animazione girato in stop motion da Henry Selick ( “Nightmare before Christmas” di Tim Burton), tratto dal libro dello scrittore e disegnatore Neil Gaiman (“Stardust”, “Sandman”).
Il tema di Coraline è semplice, nello stile di Gaiman: la fuga nella fantasia di una bambina sola che vede sbiadire i propri giorni in una realtà noiosa, e reagisce immergendosi un altro mondo in cui tutto è perfetto, tutto è meraviglioso. Perché il magico mondo non si manifesti solo nei sogni ma prenda forma stabilmente, Coraline deve rinunciare a un bene prezioso: gli occhi che ancora le permettono di vedere e distinguere una cosa dall’altra, e che, come il suo nome, le danno un’identità e un’autonomia, rendendola indipendente da una mamma che la vuole solo come una bambola obbidiente, sigillata in una gabbia dorata.
Il film merita di essere visto per molti motivi: i personaggi surreali, protagonisti di scene destinate a diventare cult (la “rivista” mitologica delle attrici April e Miriam, lo spettacolo dei topini salterini); lo strano effetto mélange di fantasy e horror, di cui Tim Burton e Neil Gaiman sono tra i più quotati esponenti, e a cui Selick attinge privilegiando forse il primo genere rispetto al secondo (siamo più nel campo di “Big fish” che della “Sposa cadavere”). E poi c’è lo stile: Coraline è il primo film di animazione girato in stereoscopia (il metodo che consente la visione in 3D) ma alle figure piene e ai paesaggi tridimensionali alterna, soprattutto sul finale, scene di un grafismo arcaico, con una resa incantevole.

Alessia Strinati

 
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