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Ultimo aggiornamento:   12/10/2015  l  15.31  
                               
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Appunti da Auschwitz: sgomento ma anche speranza nel futuro
 

Appunti da Auschwitz: le emozioni degli studenti piacentini

Fuori dalla sinagoga, nel centro del quartiere, è Dario Tagliaferri a commentare per primo la visita al lager nazista: “Vedere dal vivo certi strumenti nelle mani dei nazisti che hanno provocato milioni di morti è stato molto impressionante. Certi orrori non si dimenticano mai e non vanno mai dimenticati. Torno a casa con due sentimenti nel cuore: con l’amaro in bocca per le cose che ha visto e mai avrei pensato di vedere. Ma con la speranza per un futuro che è nelle nostra mani: è nostro compito far sì che non accada mai più niente del genere. Il fratello di mio nonno è stato a Mathausen e si riteneva fortunato perché, anche se malato, è tornato a casa”. E, come sempre, le immagini lasciano un segno: “Le foto delle donne e dei bambini sono quelle che mi hanno maggiormente addolorato per quello sguardo privo di speranza. E poi i vestiti, le scarpe, i piccoli maglioncini e le bambole rotte…”. 
Quattro passi nel quartiere e poi via al ghetto, in quella piazza oggi divenuta monumento per la riproduzione di tante sedie vuote rivolte in ogni direzione. Sedie che aspettano il ritorno di uomini, donne e bambini che non sono mai più tornati, che non torneranno più. Duecentocinquanta famiglie polacche sgombrate dalle loro case dal giorno alla notte per ammassare 15mila ebrei in attesa di essere inviati ai campi, catturati con i rastrellamenti nazisti: lo spazio per otto famiglie è di circa ottanta metri quadri. E’ qui che i ragazzi vogliono la foto, davanti alla farmacia storica, divenuta nel tempo il ritrovo culturale degli intellettuali ebrei. 
E il pensiero torna a Birkenau: “Aver attraversato i luoghi dove gli ebrei hanno vissuto sofferenze inimmaginabili ti fa pensare”. Lorenzo Ielmoni dell’Istituto Volta di Borgonovo ha appena posato con i suoi compagni per la foto. “Avevo già visitato Sachsenhausen (Berlino) quest’estate ma non ci sono paragoni. Avvicinarti a un letto, si fa per dire, dove dormivano otto persone, una sull’altra… Certe volte mi lamento di quello che ho già, ma non mi rendo conto di quello che a queste persone qualcuno aveva strappato: la dignità. Mi torna in mente Primo Levi “Voi siete gli uomini che tornate al caldo delle vostre case…”. Questa è un’esperienza  che ti aiuta a capire meglio anche la realtà di oggi, uno strumento in più per comprendere”.
Il pullman riparte per una visita alla Cracovia storica: il castello di Wawel, la piazza del mercato ebreo, le suggestioni di una città che, sotto la ruvida scorza di palazzi dal profilo asburgico, sa trasmettere emozioni.  I ragazzi si fermano, guardano, ammirano, cercano i negozi per portare a casa un ricordo. Ma il ricordo è sempre quello di Auschwitz: “ Spero che questa esperienza non si esaurisca qui – sorride timidamente Lidia Frazzei del Colombini. Voglio riportare quello che ho visto innanzitutto fra le persone che conosco e, soprattutto, tra i miei familiari. Questo viaggio mi deve servire come palestra di vita e spero mi possa insegnare come comportarmi in certe situazioni. Mi fa riflettere su quello che sta accadendo ancora oggi: situazioni dove il silenzio e l’indifferenza sono i veri motori che permettono certi comportamenti pericolosi. Concordo con quello che hanno detto ieri il presidente Boiardi e il consigliere Fiazza: le cose si possono cambiare. Per questo abbiamo bisogno sia di imparare quello che è accaduto dalla storia che di poterlo superare”.
Sono le donne ad avere una marcia di ottimismo in più: “L’aumentare del sapere aumenta il dolore – commenta Elisa Filios del Volta di Borgonovo – Lo diceva Shopenauer. E’ vero, ma noi siamo giovani, abbiamo molte aspettative di fronte alla vita, anche la voglia di cambiare il mondo che deve concretizzarsi in qualcosa. Le possibilità ci sono, non è un’utopia giovanile. Sapere le cose è importante perché deve essere lo stimolo per trovare la forza per affrontare il mondo, per capire cosa era, cos’è oggi e cosa potrà essere domani. Non possiamo essere passivi, altrimenti non potremo pensare a un mondo migliore”.
Intanto, i compagni sono già alle prese con l’accaparramento dei posti a tavola per il pranzo. I criteri non sono più quelli del viaggi di andata in treno: hanno imparato a conoscersi, la naturale rivalità tra scuole non è più un tema all’ordine del giorno.
I gruppi discutono ancora: “Era la prima volta per me – spiega Emanuele Paraboschi dell’Isii Marconi. Sono rimasto colpito dall’estensione del campo e dalle condizioni in cui erano sottoposti i detenuti: il fango sul quale erano costretti a dormire la notte, senza riscaldamento nonostante ci fossero le stufe. Mi chiedo ancora il perché. Anche le violenze degli ufficiali… perché? Birkenau è poi qualcosa di inimmaginabile, così lontano dal nostro mondo, da come siamo abituati a vivere che sembra addirittura il set di un film”. 
Il rischio è proprio quello quando la realtà supera la fantasia. E’ anche il pensiero di Maynor Nicolosi del Marconi: “Una volta che sei immerso in quel  contesto, tenti di immaginare come si muovevano, cosa facevano realmente i prigionieri di allora. E te ne rendi conto quando vedi le stanze dove venivano rinchiusi, quegli spazi ridottissimi in cui dovevano contendersi anche il posto per andare in bagno. Quando si leggono libri sull’argomento bisogna essere in grado di cogliere bene il messaggio. Credo che Primo Levi abbia riassunto tutto nella poesia iniziale di “Se questo è un uomo”. Anche per Tania Palmieri del Respighi è stata un’esperienza indelebile: “Quello che più mi ha colpito è stata l’organizzazione: una sorta di fabbrica, tutta organizzata ai limiti della follia, in ogni piccolo dettaglio. Fa paura. Tutti come robot, nessuno spazio per l’umanità o la moralità, come se chi lavorava lì non avesse mai conosciuto altro al di fuori di queste regole e di questo modo di vivere”.
L’ultimo appuntamento prima di partire è al Museo Czartoryskich. La sua peculiarità? “La dama con l’ermellino” di Leonardo Da Vinci. Ancora uno sforzo chiesto ai ragazzi, impazienti di trovare i souvenir. Gianluca Pargoli, del Colombini, è alle prese con le ultime interviste per la televisione. Lui, in questo viaggio, è stato il cineoperatore e ha guardato tutto dall’altra parte della telecamera: “E’ stata un’emozione particolare che mi ha confermato quello che pensavo prima: foto e immagini in televisione non rendono l’idea. E pensare che quello che abbiamo visto è solo una pallida immagine della realtà. Ma quando siamo comodamente seduti sul divano è un impatto ben diverso. Quando avrò il tempo di riflettere ne uscirò cambiato con una visione diversa rispetto al mondo. Ci lamentavamo delle cuccette strette….Qualsiasi cuccetta oggi sarà una reggia”.
Si affidano a questo pensiero anche insegnanti e accompagnatori, mentre salendo sul pullman diretti alla stazione, su Cracovia scende la sera e si accendono le luci. Un ultimo sguardo fuori dal finestrino. Qui è ancora Natale.

Appunti da un Treno per Auschwitz. Il pellegrinaggio ad Auschwitz e Birkenau

Il cartello verde della statale 993 indica Oswiecim. Già, perché Auschwitz non è la geografia, è solo la storia. Solo. A ribattezzare la città polacca sono stati i tedeschi, cambiandone il nome e il destino di milioni uomini, donne e bambini. E oggi la storia gli studenti piacentini l’hanno rivissuta, l’hanno toccata con mano, calpestando i pavimenti su cui hanno camminato gli ebrei destinati alla camera a gas e i prigionieri diretti al muro della fucilazione o al “block” delle punizioni.
Erano pronti, tutti. Ma poi, davanti a quel cancello “Arbeit macht frei” hanno spento i cellulari e acceso le videocamere. Per immagini  che, in alcuni momenti, hanno preferito tenere solo nella propria mente, quasi che fotografare fosse un ulteriore sgarbo alla dignità già così ferita di chi è morto e di chi è sopravvissuto in quell’inferno.
C’è il blocco 10, quello dove le donne venivano sterilizzate, quello dove Mengel utilizzava i bambini gemelli per gli esperimenti; c’è il blocco 11, quello delle punizioni, dei cunicoli in cui i prigionieri venivano fatti passare uno alla volta per ritrovarsi, in piedi, in massa, a morire in una notte d’asfissia.  C’è il blocco 21, il memoriale italiano.
Ma, soprattutto, c’è il blocco 5. La storia è qui. E’ nei milioni di scarpe, povere, di legno, con i tacchi incerti e le suole consumate, piccole, grandi e ancora piccolissime. E’ nelle migliaia di occhiali accatastati, le lenti frantumate, alcune ancora intatte. E’ nei quintali di capelli, acconciati, lavorati come la lana, utili per imbastire l’abbigliamento dei militari o creare delle tele resistenti: sono quasi tutti bianchi, scoloriti dal tempo, alcune trecce di ragazze e bambine cadute nelle forbici della follia nazista, resistite al tempo per aiutare a non dimenticare. E’ negli spazzolini e i pennelli da barba arrugginiti ma intatti. E’ nelle decine di barattoli di lucido per scarpe: c’è anche “Bata”, c’era già Bata.
Prima di uscire, c’è ancora il tempo per vedere il forno crematorio. E’ un assaggio di quello che i ragazzi vedranno a Birkenau, nel pomeriggio. Ma è già sufficiente. “E’ piccolo” spiega la guida “qui si bruciavano solo 140 persone per volta”. Gli sguardi si incrociano. Qualcuno si commuove. Ma non sono solo le ragazze.
BIRKENAU - La corona, fatta preparare a Cracovia, aspetta a Birkenau. Spetta ai ragazzi di Piacenza portarla a destinazione, in fondo al campo di sterminio dove si tiene una piccola cerimonia ufficiale alla luce delle fiaccole accese. L’aumentare del sapere aumenta il dolore, diceva Shopenhauer. Niente di più vero per Elisa dell’Istituto Volta di Borgonovo. E’ a lei e ai 1.500 studenti provenienti da tutta Italia che il presidente della Provincia di Piacenza Gianluigi Boiardi si rivolge al termine di un’intensa visita ai padiglioni di Birkenau. “Siamo entrati in una memoria che non può più lasciarci. Ricordare significa immaginare il futuro, un futuro che non può più permettere l’annientamento della dignità umana, il calpestìo dei valori che sono alla base della nostra democrazia, della nostra libertà. Il primo dovere che abbiamo, istituzioni e scuola, è testimoniare questa storia. Una storia che deve essere approfondita, non riscritta. Non possiamo permettere ulteriori revisionismi di una storia scritta sulle sofferenze di bambini, donne e uomini. Abbiamo fatto insieme un piccolo passo in più perché questo non accada. E in tutti oggi, anche in me, qualcosa è cambiato: scriviamo insieme un pezzo di storia per un futuro che abbiamo solo in prestito dai nostri figli. Ricordate, nelle guerre non ci sono vincitori né vinti. In guerra non c’è niente da vincere, tutto da perdere. Voi non perdete mai i giusti valori della convivenza civile, della solidarietà, della pace che ci permettano di costruire insieme un futuro migliore”.
Ed è sempre a loro che si rivolge anche il consigliere comunale di Piacenza Christian Fiazza: “Ho visitato alcuni anni fa il campo di concentramento di Mauthausen insieme a un deportato. Lui mi ha detto che nella vita aveva avuto due fortune: essere sopravvissuto e aver potuto accompagnare dalla metà degli anni novanta i giovani nei campi di sterminio. Mi ha sempre detto che per lui Auschwitz era l’inferno. Credo che l’inferno sia in ogni parte del mondo in cui la dignità dell’uomo viene calpestata, i diritti violati. Vedo in voi i testimoni e i protagonisti della giornata della memoria. Siete la stagione della primavera dell’Europa e avete la fortuna di potervi costruire una coscienza critica, senza pregiudizi, senza mediazioni. Non dobbiamo permettere a nessuno di dire che le cose non si possono cambiare. Il mio desiderio è potervi rivedere più avanti e constatare che il seme piantato oggi sia germogliato davvero. Lo sarà se quando dovrete scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, sceglierete ciò che è giusto”.
E’ tardi oramai a Birkenau, i pensieri sono tanti, troppi, si confondono. Le immagini sono ancora fresche, ci vuole il tempo di metabolizzare. Il gruppo, in silenzio, si dirige al pullman numero 7. Direzione Cracovia. Prima di uscire, tutti si fermano davanti a un cartello: “Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli le ceneri di Oswicim valgano da ammonimento: fa che il frutto orrendo dell’odio di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né domani né mai”. Firmato: Primo Levi.

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Il viaggio ad Auschwitz: il diario del primo giorno 25 gennaio - I libri, almeno oggi e domani, restano a casa. Questo è un viaggio che ognuno deve percorrere con la propria testa, con il cuore. E, per tutti, è la prima volta. La prima volta a Cracovia, la prima volta in quella Auschwitz e in quella Birkenau scolpita nelle parole di Primo Levi, nei ricordi dei testimoni, oramai pochi, pochissimi, di una pagina di storia incomprensibile ma doverosamente da conoscere.

LA PARTENZA - L’appuntamento è al binario 11, carrozza numero 1 per Piacenza. Borse, valigie, sacchetti per la cena, la colazione e il pranzo. E poi macchine fotografiche, telecamere per captare le emozioni, i momenti più intensi, nel caso gli occhi non bastassero. Nessuno ha dimenticato sciarpe e guanti. I turisti che passano in stazione si incuriosiscono: “Sarà un gruppo di scuole che va a sciare”. Già, è tempo di settimane bianche. La neve in effetti non manca: né alla partenza da Piacenza né a Cracovia, dove per domani,  giorno della cerimonia, sono previsti fiocchi e manti bianchi. Qualche ragazza è accompagnata dal fidanzatino che si profonde in baci e abbracci come in un viaggio senza ritorno, altri dal papà e dalla mamma che si assicura fino all’ultimo secondo che non manchi nulla. C’è anche qualche nonno, negli occhi lucidi la speranza che l’esperienza faccia crescere e, perché no, tornare un po’ migliori.
In fila indiana, in una mano lo zaino, nell’altra il tramezzino offerto dalla Coop Lombardia, c’è il tempo anche per discutere di crediti formativi e ipotetiche rimandature a settembre. Giusto il tempo di arrivare davanti alla carrozza e farsi assegnare i posti. I posti. Un problema che, a questa età, non si può sottovalutare. Il biglietto di istruzioni, rilasciato qualche giorno fa dagli organizzatori, lasciava già presagire la delicata fase delle trattative: “rispettare l’assegnazione dei posti almeno fino alla partenza del treno”. Tra Respighi e Gioia la lotta è già ai massimi livelli, poi arriva il Colombini, ma c’è anche l’Itis, senza parlare dell’istituto privato San Vincenzo. Metterli d’accordo è impegnativo anche per i quattro insegnanti: Paolo Barbieri, Raffaele Costanzo, Silvia Ferrari e Matteo Sozzi. Alla fine, prevale la fame. E i posti, come tutto, si combinano.
IL VIAGGIO - Viaggiare è cultura, sempre. Le ore di treno previste sono ventitre. Nella carrozza ristorante, Costantino di Sante, Carlo Saletti, Cristina Zaltieri e Antonella Tiburzi, storici, parlano ai ragazzi dell’internamento fascista e della persecuzione degli ebrei. Il tempo di un panino volante per cena ed è già ora di ascoltare i racconti di Auschwitz, “luogo dei luoghi”. Poi, poco dopo le 22, tutti ai propri posti. Arrivano i cuscini e i sacchi per dormire. Ci sono le cuccette da tirare giù, i bagagli lasciati alla rinfusa all’ultimo piano da sistemare, la scaletta per raggiungerlo da trovare. Cose per uomini, le ragazze sono già in fila davanti al bagno con tanto di pigiamino e pantofoline che danno spazio alla più fervida fantasia. Le intenzioni sono buone, ma le luci restano accese fino a tarda notte. Si chiacchiera, si legge, si ride e si fanno le ore piccole.
IL RISVEGLIO - Una luce fredda fuori dal finestrino accompagna un risveglio difficile soprattutto per chi non si è limitato a leggere e dormire in tempo utile. Cervi e cerbiatti si spingono lontano dal bosco, qui non devono essere in pericolo. Nessun segno di neve, ma pochi colori pastello, prevale il grigio. Meglio un caffè, prima che la banda si svegli e l’assalto al bancone del bar renda improbabile un assaggio di meritata colazione. Ad aprire la strada gli amministratori Gianluigi Boiardi, Tiziano Chiocchi, Christian Fiazza e i professori Paolo Barbieri del Gioia e Raffaele Costanzo del Respighi. Si sa, chi prima arriva…male alloggia perché la corrente manca e  per il caffè c’è da aspettare. Ci sono le cuccette da smontare, i sacchi da buttare e i cuscini da riconsegnare. I corridoi diventano un unico groviglio di tele bianche da scavalcare. La fila è davanti al bagno: i ragazzi sono rapidi, a rallentare sono sempre le donne. La prima conferenza inizia alle 10, qualcuno tira fuori gli scacchi, altri leggono, i più tentano di svegliarsi definitivamente. Ma è difficile.
LE DISCUSSIONI - Il vero fermento è nello scompartimento cinque: Giorgia Cammi, Chiara Farini, Giulia Sartori, Matteo Poliedri, Alberto Rossi, Elisa Casi, Francesca Leonardi e Fabiola Scozzarella danno vita ad un profondo dibattito social-politico. In mezzo il presidente Boiardi. Si parla dei giovani, dei loro problemi che “voi da lì non potete vedere fino in fondo”, dei limiti della politica in cui credono sempre meno, del futuro per il quale nutrono ancora fiducia. C’è grande attesa per domani, per vedere di persona, per cercare di comprendere anche se “non riusciremo mai a capire davvero”. Nella carrozza ristorante la storica Cristina Zaltieri parla della “vita lesa: testimonianze dai lager” e Antonella Tiburzi della deportazione femminile. Infine le letture e le poesie. Del viaggio a Mathausen di un paio di anni fa, Christian Fiazza ricorda il silenzioso ritorno dei ragazzi, anche e soprattutto dei più baldanzosi. E tutti si preparano a domani.
IL PROGRAMMA  Domani,  26 gennaio, la visita al lager di Auschwitz: i blocks, il block italiano con il suo monumento, la camera a gas, il forno crematorio ed il museo storico. Nel pomeriggio, il campo di Birkenau: dalle baracche alla zona dei forni, alla baracca di ricevimento e alla zona “Canada”. Quindi la cerimonia al monumento e al corteo fiaccolata, con il discorso del presidente Boiardi e del consigliere Fiazza. Una giornata lunga e difficile che si concluderà con un concerto dopo cena. Il viaggio, per tutti, è appena cominciato.

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Sono arrivati alla stazione di Milano intorno alle 16 di ieri, giusto in tempo per partecipare alla cerimonia di commemorazione al binario 21 (quello da cui partivano i treni dei deportati diretti ai lager, soppresso subito dopo la guerra), i ragazzi, i docenti e gli amministratori piacentini che partecipano al viaggio in treno ad Auschwitz.  54 persone, 45 studenti, 4 insegnanti, 3 amministratori (il presidente della Provincia Gianluigi Boiardi, il consigliere comunale di Piacenza Cristian Fiazza, l'assessore di Fiorenzuola Tiziano Chiocchi), la portavoce di Gianluigi Boiardi, Sabrina Coronella, e la storica dell'ISREC Barbara Spazzapan. Sono saliti su un treno di tredici carrozze. Con loro, sul treno, altri 650 ragazzi provenienti da Milano, Parma, Pescara, Mantova. Il viaggio che compiono  sulle strade ferrate che attraversano l'Europa centrale, sulle tracce dei carri bestiame che settant'anni fa portarono i deportati ai campi di concentramento, non è un viaggio di piacere ma un pellegrinaggio. Che i ragazzi compiono come se fosse un servizio civile: ne trarranno sensazioni da trasmettere ai loro coetanei e a tutta la loro comunità, per mantenere viva la Memoria di quella tragedia che fu l'Olocausto, ed evitare che si ripeta. Lo ha ribadito il presidente della Provincia Gianluigi Boiardi, che guida la delegazione, alla partenza del gruppo da Piazza Cittadella, in bus: “Un viaggio importante soprattutto per i giovani; li aiuterà a crescere, a diventare cittadini consapevoli. Ed una esperienza che attraverso la loro testimonianza servirà per mantenere nella nostra comunità la memoria di quella tragedia ed evitare che si ripeta. Sono eventi che fanno parte della storia, una storia che non va modificata, non va rivista, va rispettata nella sua verità. Piacenza partecipa da anni al viaggio, e ciò conferma come tutto il Sistema territoriale piacentino senta il bisogno di testimoniare la sua volontà di mantenere vivo il ricordo di quegli eventi, di ribadire il suo no alla guerra, il suo attaccamento ai valori di solidarietà e di rispetto per gli altri”. Il treno è partito da Milano alle 19, nel tardo pomeriggio di domenica 28 arriverà a Cracovia.  Alla cerimonia al binario 21 (promossa d Provincia di Milano, associazioni partigiane, sindacati, altre istituzioni), hanno portato un loro saluto il Presidente della Provincia Filippo Penati, Onorina Brambilla Pesce, una testimone di quei fatti (che ha parlato del ruolo, importante, svolto dalle donne partigiane e ricordato la atrocità del campo di Bolzano, di cui poco si parla), Ferruccio de Bortoli, Presidente della Fondazione Memoriale della Shoah ed altri. Ha mandato un suo saluto, in video, Rita Levi Montalcini. Doveva partecipare, il freddo l'ha tenuta lontana. Ha soprattutto apprezzato il coinvolgimento di giovani, e richiamato la necessità di un impegno a promuovere la conoscenza: senza conoscenza, ha detto, non c'è vita. Questa signora, minuta, ma con una mente lucidissima, ha arricchito la cerimonia con la sua testimonianza. Se si cercava un'icona, per il Giorno della memoria, c'è: è questa quasi centenaria che ha mantenuto intatto lo spirito dei suoi vent'anni.

Quattro i docenti che accompagneranno i ragazzi piacentini: Silvia Ferrari, in rappresentanza del Liceo Colombini,  Paolo Barbieri, per il Liceo Gioia,  Raffaele De Costanzo, per il Liceo Respighi,  e Matteo Sozzi, per il Liceo San Vincenzo.

 Il viaggio durerà cinque giorni, la città di soggiorno sarà Cracovia, i campi visitati quelli di Auschwitz e di Birkenau. L'arrivo a Cracovia è previsto per il tardo pomeriggio di domenica 25 gennaio. Il 26 gennaio, visita al lager di Auschwitz, dalle 9,30 alle 12,30, con l'accompagnamento di guide. Si visiteranno i blocks, il block italiano con il suo monumento, la camera a gas, il forno crematorio ed il museo storico. Nel pomeriggio, dalle 14 alle 15,30, trasferimento al campo di Birkenau per una visita guidata alle baracche, alla zona dei forni, alla baracca di ricevimento e alla zona “Canada”. Alle 15,15, il gruppo parteciperà alla cerimonia al monumento e al corteo fiaccolata. Il rientro a Cracovia è previsto per le 17. Dopocena, la delegazione assisterà ad un concerto.

Martedì 27 gennaio, in mattinata, visita guidata alla Cracovia ebraica, al centro della città ed alla sua famosa piazza del Mercato. Nel pomeriggio, inizio del viaggio di ritorno in Italia, con partenza in treno dalla stazione di Cracovia.

L'arrivo a Milano è previsto per il pomeriggio del 28 gennaio. Dalla stazione di Milano la delegazione rientrerà in pullman a Piacenza, con una prima fermata, se i tempi lo consentiranno, a Castelsangiovanni. L'arrivo a Piacenza è previsto in Largo Anguissola (stadio Garilli) nel tardo pomeriggio.

La segreteria organizzativa è presso il Settore Scuola e Formazione del Comune di Piacenza, tel.  O523 492517, e-mail: michela.riboni@comune.piacenza.it

 

 

 
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    Commenti:



    Ad es ho visto per strada cartelloni con corpi straziati x combattere gli incidenti sul lavoro! Serve? Ma! Con ciò non voglio far passare l'idea di un mondo senza la Storia con la cultura del reality o della vita Mulino bianco! Grazie rispondetemi ancora!
    Andreina
    27/01/2009  07.03


    Tener viva la memoria! Sempre e no ai giovani iperprotetti, ma (forse a torto) credo che la cultura dell'Amore sia più potente! SEGUE
    Andreina
    27/01/2009  06.59

    Sì ai viaggi della memoria
    Non per fare del qualunquismo, ma 1) i giovani d'oggi non è che siano delle mammole 2) molti gruppi neonazisti stanno riscuotendo molte adesioni proprio tra i giovani. Quindi meglio tenere viva la memoria, che dici?
    paola
    26/01/2009  13.05


    non bisogna nascondere la Storia; le nuove generazioni devono vedere di cosa è stato capace l'uomo...per non dimenticare
    tommaso
    26/01/2009  09.19

    No al dolore se è troppo forte!
    Io non son tanto favorevole a questi viaggi; non per insabbiare, per carità! ma il contatto così diretto con il dolore non so se è positivo per i giovani!
    Andreina
    25/01/2009  19.13


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