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film
Valérie, diario di una ninfomane. La recensione di PiacenzaSera.it

Conservatore. Per nulla ironico. Per nulla scandaloso. Contro le aspettative e il battage pubblicitario e mediatico che ha fatto pensare a un film talmente meritorio di censura da provocare ritardi nell’uscita nelle sale italiane ed esclusione dalle partecipazioni televisive,  Valérie – Diario di una ninfomane è una pellicola piuttosto algida e tutto sommato reazionaria. Un film talmente freddo che viene il dubbio che a trasporre in immagini il romanzo autobiografico della francese Valérie Tasso non sia stato un regista spagnolo (Christian Molina). La protagonista si affaccia nella prima sequenza seduta su un’altalena, sospesa tra infanzia e maturità, sola e bisognosa d’amore a dispetto dei suoi molteplici incontri sessuali, di fatto attaccata ai valori tradizionali della famiglia e, in fondo, terrorizzata dalla vita. Lei, Valérie (Belén Fabra), di bell’aspetto ma con qualche pelo di troppo sulle braccia, fa del sesso il suo hobby quotidiano. Il suo unico legame affettivo sembra essere con la nonna (Geraldine Chaplin), che al contrario della nipote nella sua lunga vita ha conosciuto un solo uomo, e l’ha sposato. Nel suo ristretto gineceo in celluloide corrono ad incarnare i migliori luoghi comuni del melodramma un’amica sfortunata in amore e alla ricerca del fidanzato ideale, una prostituta d’alto bordo che lavora per mantenere il figlio lontano, la tenutaria lesbica di un bordello (Angela Molina). L’inquieta Valérie si divarica tra un cliché e l’altro, passando dallo stallone mediorientale allo sconosciuto incrociato alla fermata dell’autobus, dalla doccia al pavimento, per fermarsi qualche istante con l’affascinante e romantico Jaime (Leonardo Sbaraglia), uomo di successo dal profumo di lavanda. Con lui seguirà tutti i passi del corteggiamento e dell’innamoramento, e si abituerà a saziare in pochi minuti (qualche difetto l’uomo della sua vita dovrà pur averlo) il appetito sessuale, sperimenterà la convivenza e placherà il suo desiderio di essere una donna “normale”, per scoprire di non conoscere affatto l’amato, geloso, possessivo e cocainomane. Toccato il fondo – almeno, lei dice – la donna si risolleva e riprende la sua vita erotica disinvolta con un’esperienza più forte: lavorare in un bordello, per provare se davvero, come le aveva detto la nonna, tra matrimonio e prostituzione non c’è poi tanta differenza. Qui incontra, tra gli altri, tre uomini: il primo, che le piace, dopo qualche incontro la da’ in pasto a un amico; il secondo, che la vorrebbe sposare contro la sua volontà, la sodomizza; il terzo, che ha sensibilità solo sul collo e sulle mani, le rivela il segreto della vita: essere se stessa. Banale, anche se torna in mente la bella frase iniziale pronunciata da Valérie: «L’energia del mio orgasmo è una piccola parte di me che se ne va e si mescola con l’universo. E’ un viaggio siderale che mi porta verso l’infinito». Banale e un po’ triste, se si pensa poi che la tenutaria del bordello, Angela Molina, si alternava in scena con Carole Bouquet nel ruolo di Conchita, la ragazza da cui è ossessionato il maturo Fernando Rey Quell’oscuro oggetto del desiderio di Luìs Bunuel. Quello sì, un film ironico e trasgressivo, da cui il regista avrebbe potuto trarre ispirazione.

Alessia Strinati

 
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    Commenti:



    Ma Geraldine Chaplin si è specializzata nel ruolo di nonna di ragazze dai facili costumi (vedi Melissa P.)?
    amilcare stoppini
    07/05/2009  11.19


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