Veleia Festival di teatro antico Edizione 2010
Venerdì 9 luglio 2010, ore 21.30
GIORGIO ALBERTAZZI
in
“Non ancora e non più”
Liberamante ispirato a La morte di Virgilio di Hermann Broch
Regia di Piero Maccarinelli
con Francesco Biscione
I versi di uno dei testi più belli della tradizione occidentale, uno dei simboli della nostra cultura: l’Eneide di Virgilio. Cantati da Giorgio
Albertazzi - voce che dà i panni ai più grandi poeti. Dopo l’Imperatore Adriano, Albertazzi torna nella suggestiva Veleia dedicando il suo reading ad Enea e lo fa nella disperazione stessa dell’autore, Virgilio, che, in punto di morte, si rifiuta di lasciare al mondo il suo più grande capolavoro. La straordinaria intuizione di Broch è quella di cogliere Virgilio in un estremo dialogo con il potere: l’Imperatore Augusto, che insiste perché il poeta consegni l’opera, costringendo entrambi ad un’intensa riflessione su come ogni passaggio d’epoca sia contemporaneamente inizio e fine. E, forse, anche questi nostri anni lo sono, sospesi fra un non più e un non ancora.
Note di regia
Virgilio sta morendo nella cabina della nave ormeggiata nel porto di Brindisi e ha preso la decisione nel suo stato febbrile di bruciare l’Eneide, ma riceve la visita dell’imperatore Augusto che lo convince, in un intenso dialogo, a salvare il poema e gli promette in cambio la libertà dei suoi schiavi.
Siamo nel 19 a.C., negli anni della svolta storica dall’antichità al Cristianesimo, sospesi fra il non ancora ed il non più ed il dialogo originale è scritto negli anni della seconda guerra mondiale da un autore esule in America per ragioni politiche, ancora una volta in bilico fra un non ancora ed un non più.
“Non più e non ancora, non ancora e già ora” sono le categorie fondamentali di quest’opera. In esse e non più nella disgregazione dei valori Broch vede il problema del mondo contemporaneo. (H.Arendt).
Virgilio dubita della poesia e vuole distruggere il manoscritto dell’Eneide perché la bellezza, esclusa dalla realtà, simula eternità, inganna l’eternità, simula creazione, inganna la facoltà creativa. L’uomo, anche l’imperatore, sono ingrati, l’uomo non vuole riconoscere di non essersi creato da solo, ha una rozza brama di salvarsi dalla realtà e dall’obbligo verso altri nell’unità del mondo fondata dalla bellezza…
Virgilio vede ormai la sua opera come non arte che serve all’imperatore ed alla gente colta come i giochi da circo o la politica spettacolo - odierna industria del piacere - servono gli incolti.
Bruciare il poema come unica azione come via di uscita per la mancanza di conoscenza della bellezza. Per l’imperatore non solo l’Eneide è arte ma è anche il poema fondante della sua politica imperiale. Insomma in questo dialogo possiamo godere attraverso le parole di Virgilio e dell’Imperatore dette da due interpreti fermi intorno ad un letto, quello del poeta morente, carismatico e frugati da due telecamere, con primi piani, alla ricerca anche delle minime sfumature delle loro parole, come si confrontino i temi che caratterizzano questo intenso conversare: ogni passaggio d’epoca è contemporaneamente inizio e fine, e forse anche questi nostri anni lo sono sospesi fra un non più e un non ancora.
E fra i rivoli filosofici ecco i temi dell’amore e del soccorso, della vita e della morte, della solitudine e dell’amicizia come tentativi di avvicinarsi alla parola al di là della lingua…
(Piero Maccarinelli)