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Natale in tempo di crisi. Piccolo viaggio nella poverta' piacentina
C'è un Natale diverso, lontano dalle luci, dalla corsa ai regali e dai pranzi e dalle cene sfarzosi. E' il Natale degli anziani, degli immigrati o più semplicemente delle persone o famiglie in difficoltà. In questo piccolo viaggio in due puntate all'interno della povertà piacentina scopriremo più da vicino una realtà che è parte della nostra città e tante persone che con impegno e dedizione si mettono quotidianamente al servizio del prossimo.
Sono 318 le associazioni benefiche a Piacenza e provincia che contano quasi esclusivamente sul volontariato per le loro attività. Molto diversificate, le finalità spaziano dalla promozione culturale alla cura degli anziani, passando per i donatori di sangue e la sensibilizzazione di malattie più o meno rare. Fra queste realtà sono una decina quelle che si occupano, a vario titolo e con modalità diverse, di indigenza estrema sul territorio. Molte gestiscono solo i servizi, perché gli enti titolari sono altri: il Comune e la Diocesi con le proprie associazioni ecclesiali soprattutto; poche sono le organizzazioni aconfessionali in città con una propria autonomia, nel settore.
Un universo molto vivace quello dell’associazionismo piacentino. “Da novembre a oggi abbiamo registrato sette nuove associazioni” dice Enrico, giovane operatore dello SVEP. Un mondo così variegato per attività e ambiti solidaristici da riuscire a fronteggiare potenzialmente ogni disagio. Eppure un giorno di fine novembre, con le prime illuminazioni natalizie, la città si è svegliata tentando di dare un nome a un “invisibile” con la pelle scura, ritrovato senza vita nei sotterranei del grattacielo dei Mille. Crudele ironia quella che ha colto tutti noi, ma soprattutto Alì, così si chiamava quell’uomo di trentun anni che veniva dal sud-est asiatico. “Avessi saputo dove dormiva gli avrei portato immediatamente del tè caldo e qualche coperta: è l’unica cosa che posso fare in questi casi. Ho sentito tanta rabbia per la morte di quel giovane, un’enorme sconfitta per la nostra società”, dice Giovanni Bonadè, presidente dell’Associazione “La Ronda della Carità e della Solidarietà”, il gruppo che gestisce il “rifugio Segadelli”, un centro di prima accoglienza di proprietà comunale situato a pochi passi dalla stazione ferroviaria. Aperto nel 2002, il “rifugio” è un dormitorio per soli uomini e dispone di otto posti letto. “L’associazione conta su una quindicina di volontari che gestiscono anche l’altro dormitorio (n.d.r. la casa di seconda accoglienza di via Buffalari)”, precisa il presidente Bonadè.  
Alì non avrebbe potuto accedere al dormitorio in quanto clandestino, nessuna struttura d’accoglienza di proprietà comunale o meno lo consente. “Il nostro piccolo centro accoglie in maggioranza stranieri regolari che non dispongo di alcun mezzo di sostentamento, ma sono sempre più numerosi gli uomini italiani di mezza età che si rivolgono a noi”, dice sempre Bonadè.

Non solo migranti in difficoltà, quindi, ma anche “nuovi poveri” locali. Un fenomeno che in Italia si misura con gli indici delle soglie di povertà relativa e assoluta. Secondo i dati dell’ultimo rapporto del 2010 della Caritas sulla povertà in Italia, i poveri sono il 3,7% in più rispetto al 2009. Complessivamente è un fenomeno che coinvolge otto milioni e 370 mila persone; di questi, il 4,7 % vive in condizioni di povertà assoluta, ovvero non è in grado di accedere ai beni essenziali che consentono di vivere uno standard di vita minimamente accettabile. In Emilia, i dati dell'Istat del 2009 indicano che il 3,9 % delle famiglie si trova in situazione di povertà relativa pari a poco meno di 75.000 famiglie (in Italia sono oltre due milioni le famiglie indigenti). Mentre a Piacenza, sono 1.100 le persone che frequentano i centri di ascolto di cui 280 senza fissa dimora. Per persone come Alì non ci sono statistiche certe, né sotto classificazioni istituzionali: sono al di sotto di ogni soglia catalogata perché indigenti e clandestini.

Anche la Caritas si occupa di povertà estrema. Per Natale ha organizzato con il gruppo di volontari Carmen Cammi, presso la mensa di via S. Vincenzo, un cenone della vigilia con messa anticipato al 21 dicembre. Per l’occasione lo stesso vescovo di Piacenza-Bobbio, Mons. Gianni Ambrosio, aveva diretto la funzione. Il 25, invece, ci sarà un pranzo di Natale, sempre presso la mensa. 
Benché legata alla Chiesa, la Caritas di Piacenza ha una sua propria autonomia ed è la realtà più articolata e attrezzata sul territorio a fronteggiare le molteplici emergenze legate alla povertà estrema, con 1157 persone ascoltate e aiutate, 530 volontari impegnati e più di 26.000 pasti distribuiti nelle attività quotidiane (pranzo e cena) durante il 2009. Dispone, infatti, di una mensa (in via S. Vincenzo 9) che distribuisce da vent’anni pietanze calde ai poveri, di un dormitorio (in via Giordani), di un servizio di assistenza diurno gestito insieme alla LILA, al SERT e al Comune (che fornisce gli assistenti sociali e gli educatori), oltre a diversi altri servizi di solidarietà che riguardano l’assistenza sanitaria di base e odontoiatrica, il sostegno ai detenuti e alcuni progetti di cooperazione internazionale.
Per capire le esigenze particolari di chi chiede aiuto, la Caritas si avvale di un “centro d’ascolto”. Un filtro attraverso il quale le associazioni che si occupano di prima assistenza, la cosiddetta “bassa soglia”: registrano e smistano le persone a seconda delle loro problematiche, in collaborazione con enti pubblici o diocesani.

(1 - Continua)

 
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