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A 69 anni di distanza, il ricordo della Pertite
 

Oggi, alle 10.30, presso la lapide collocata nel cortile di Palazzo Gotico, alla presenza del sindaco Roberto Reggi si tiene la cerimonia a ricordo delle vittime della Pertite, lo stabilimento militare di via Emilia Pavese devastato, nel 1940, da un'esplosione che causò la morte di 47 persone e il ferimento di altre cinquecento.
Alla commemorazione di questo drammatico evento, il cui anniversario ricorre nella Giornata nazionale dedicata al sacrificio del lavoro italiano nel mondo, intervengono le massime autorità cittadine. Nel corso della cerimonia, la deposizione di una corona d'alloro, benedetta dal cappellano militare mons. Bruno Crotti, a ricordo dei caduti, e di un mazzo di fiori da parte dell'Anmil, Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro. (foto di repertorio)

Il discorso del sindaco Roberto Reggi

Nella giornata nazionale dedicata al sacrificio del lavoro italiano nel mondo, Piacenza rende omaggio alla memoria delle donne e degli uomini che persero la vita l’8 agosto 1940, nell’esplosione dello stabilimento della Pertite. Un evento drammatico, il cui ricordo non si è mai affievolito, ma si erge ancora oggi a tragico simbolo di quei diritti fondamentali che ciascuno di noi, in quanto cittadini di un Paese civile e democratico, è chiamato a difendere: la pace, la sicurezza del lavoro, il rispetto per la dignità umana.
Lo scoppio che devastò la fabbrica di caricamento proiettili di via Emilia Pavese, alle 14.42 di quel pomeriggio d’estate, uccise 47 persone e ne ferì 500: padri e madri di famiglia, giovani e operai esperti, persone che in quell’istante si trovavano lì per svolgere, con onestà e fatica, il mestiere che garantiva loro da vivere. La cronaca dell’epoca non ha mai fatto chiarezza su quanto avvenne, e ancora oggi non sappiamo se si trattò di un incidente o di un vile attentato, in un Paese che si affacciava alla guerra senza avere, ancora, la piena consapevolezza di quale sarebbe stato il prezzo da pagare.
Quella ferita inferta al cuore della nostra città, da sempre considerata roccaforte militare e centro primario per l’industria bellica, fu per i piacentini un primo, crudele segnale della devastazione che il conflitto avrebbe portato con sé. Ricordare le vittime della Pertite, oggi, significa quindi tributare l’omaggio sincero e dolente di una comunità intera ai suoi Caduti, ripercorrendo, attraverso la loro tragedia personale, il dramma di tutti i cittadini, di tutte le famiglie la cui quotidianità è stata spezzata, in maniera brutale e improvvisa, da una violenza che ha varie forme. Da una parte quella più visibile e dirompente del conflitto armato, del bellicismo che non esita a calpestare l’individuo nel nome di un’assurda supremazia, e dall’altra la violenza – più sottile ma inequivocabilmente forte, e grave nelle sue conseguenze – che deriva dalla mancata osservanza delle regole di protezione nei cantieri, nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro.
Certo, la Pertite ha una sua collocazione storica precisa, nell’epoca del regime fascista, ma è altrettanto vero, come ha scritto Primo Levi, che “ogni tempo ha il suo fascismo…e a questo si arriva in molti modi, non necessariamente col timore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia… diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti”. Parole, queste, purtroppo incredibilmente attuali. E’ questo, il senso autentico della cerimonia odierna: il valore della memoria che non si esaurisce nel passato, ma si fa insegnamento e monito per il presente, impedendoci di restare indifferenti di fronte alle statistiche che ci consegnano il dato allarmante e inaccettabile di 875mila infortuni sul lavoro registrati l’anno scorso, di cui 1120 incidenti mortali.
La vicenda della Pertite assume oggi il volto di ogni tragedia dettata dall’incuria, dal pressapochismo, dalla considerazione del lavoro umano alla stregua di un numero, di un ingranaggio meccanico che talvolta può incepparsi. E allora mi sembra doveroso, soprattutto in questa sede, rivolgere un pensiero all’immane tragedia di Viareggio. Il ricordo delle case sventrate dall’esplosione del treno, deragliato nei pressi della stazione ferroviaria, è forse lontano dai titoli dei giornali e dalle immagini televisive, ma resta intenso nel cuore della gente che ogni giorno vive il rischio di un dramma che non ha fine, in cui sono i più deboli ad essere maggiormente esposti.
In un’Italia che viaggia a più velocità, oltre l’apparenza di un benessere ostentato, viene emarginato e non sufficientemente tutelato chi svolge professioni spesso pericolose, chi è costretto a turni massacranti, chi vive le conseguenze del precariato, senza protezioni né garanzie, chi lavora senza contratto né assicurazione. Perché è bene dirlo – purtroppo – in questo Paese sono tanti i fantasmi, nelle fabbriche e in altri luoghi di lavoro. E allora non possiamo che fare nostre le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che definendo “dolorosissimo e inquietante” il fenomeno delle morti bianche, ha chiesto “che non si abbassi in alcun modo la guardia su questo versante cruciale, soprattutto in un contesto di crisi che potrebbe veder aumentare il ricorso al sommerso o a forme irregolari di impiego”.
Ma ciò che accadde 69 anni fa, nello stabilimento militare di via Emilia Pavese, non racchiude in sé soltanto la necessità, urgente e irrevocabile, di una costante attenzione alla sicurezza sul lavoro; quel ricordo è, oggi più che mai, anche un richiamo a una politica di pace, che sappia porre la persona umana al centro del sistema sociale e produttivo, che privilegi il dialogo e l’incontro con la diversità a ogni forma di prevaricazione. E quel posto, che fu teatro di una delle più grandi tragedie della storia della nostra città, mi auguro possa diventare un parco aperto alla gente e dedicato alle vittime della Pertite.
Sono diversi anni, ormai, che mi trovo a commemorare quei morti: qualcuno potrebbe pensare che sia per me una routinaria ricorrenza, alla quale sono abituato; non è così, credetemi: il fatto è che ogni volta sento crescere in me l’indignazione e, più passa il tempo, più penso che sia necessario tutelare maggiormente chi lavora, perché è intollerabile, addirittura surreale, rivedere  oggi scene come quelle di Viareggio, della Thyssen Krupp di Torino o delle cisterne di Molfetta. Credo che abbiamo ancora tanta strada da percorrere, ma ancor più che sia necessaria, da parte di chi governa e della nostra classe dirigente, una sensibilità che non c’è, verso chi – lavorando – rischia ogni giorno di morire per inezia altrui e per logiche distorte di interesse economico.
E allora voglio chiudere questo mio intervento con una poesia scritta da Ferruccio Brugnaro, un ex operaio del Petrolchimico di Marghera, dopo l’assoluzione di tutti gli imputati al processo sugli effetti delle sostanze produttive tossiche, che hanno provocato la morte di 160 lavoratori e la menomazione permanente di altri cento.

Lavoravamo tra micidiali veleni
sostanze terribili
cancerogene.
Non affermate ora
furfanti
ladri di vite
che non c’era alcuna certezza
che non c’erano legislazioni.
Non dite, non dite che non sapevate.
Avete ammazzato e ammazzate ancora
tranquilli indisturbati
tanto
il fatto non sussiste.
I miei compagni morti non sono
mai esistiti
sono svaniti nel nulla.
I miei compagni operai
morti
non possono tollerare
questa vergogna.
Non possiamo sopportare
questo insulto.
Nessun padrone
nessun tribunale
potrà mai recingerci
di un così grande
infame silenzio.
Alle vittime della Pertite, simbolo di tutti i Caduti civili in guerra e di tutti i Caduti sul lavoro.
Grazie. 

 

 
Voci correlate:
  • Pertite
  • Commenti:


    Discorsi
    Bravo, bravo Roberto. Sei bravo solo sui discorsi. Ancora 2 anni e mezzo e la tua giunta la spediamo su Plutone!
    gianni
    09/08/2009  12.40

    Ogni tempo ha il suo fascismo.
    Citando nel suo discorso ciò che scrisse Primo Levi,il buon sindaco Reggi ha dato ai gestori dell'attuale momento storico/politico non applausi,ma tante legnate,a chi di dovere.....Bravo!!!!!
    Corvalan
    08/08/2009  23.04


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