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Arrestato latitante: è accusato di appartenere alla mafia catanese

Cherchez la femme. Gli spostamenti dell'amante, che utilizzava come base per concludere traffici illeciti, un bar piacentino in zona Caorsana, sono costati l'arresto a Giuseppe Pio Scalzo, accusato di essere affiliato al clan mafioso dei Cursoti. L'uomo, latitante da 3 anni, vanterebbe una carriera trentennale nella malavita ed è considerato dalle forze dell'ordine referente della famiglia catanese per il Nord Italia, dove avrebbe avuto il controllo della ricettazione di merce proveniente dai furti di autocarri e depositi merci. L'uomo è stato arrestato a Trezzano sul Naviglio, dal nucleo investigativo del reparto operativo dei carabinieri di Piacenza, guidato dal tenente Rocco Papaleo. Lo stesso Papaleo, insieme al comandante dell'arma, il comandante Paolo Rota Gelpi, ha fornito i dettagli dell'operazione. Il latitante (nelle foto di tre anni fa, con la barba, e nell'ultimo scatto dopo la cattura) avrebbe avviato un complesso sistema impreditoriale, che serviva a nascondere attività illecite, con il riciclaggio di propilene in granuli. Materiale ottenuto attraverso furti o truffe, e poi rivenduto a costo più basso ad altre aziende. Sistema "imprenditoriale" complesso e ramificato, ragione per cui l'arresto di Scalzo ha suscitato l'interesse di diverse procure del Nord Italia, tra le quali Genova che aveva già avviato tra il 2005 e il 2007, l'operazione Fast Cargo, diretta dai carabinieri liguri. Tra Genova e Piacenza il latitante avrebbe infatti spostato i propri interessi, stoccando in città carichi di merce. In questa prima fase, si era arrivati all'arresto di F.T., altro latitante pluripreguidicato. Da qui la decisone di Scalzo di spostare l' "attività" nel milanese, anche se la compagna continuava a utilizzare un bar in zona Caorsana per incontrare gli autisti dell'organizzazione e alcuni acquirenti interessati. I suoi spostamenti hanno condotto i carabinieri dall'uomo. Sono invece ancora in corso le indagini nei confronti di alcune aziende piacentine, nel settore metallurgico e plastico, che avrebbero fatto affari con il latitante.

 
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