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Preso a Piacenza il "postino" del superboss mafioso LE FOTO E IL VIDEO della polizia
  

AGGIORNAMENTO  - Un arresto "pesantissimo" quello messo a segno dalla Polizia di Piacenza, nell'ambito dell'operazione "Golem", che ha disarticolato in tutta Italia una rete di fiancheggiatori del boss latitante numero uno di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. L'arrestato a Piacenza è Vito Angelo Barruzza, 45enne, trasferitosi al Nord dopo aver scontato una pena per favoreggiamento. L'operazione che ha portato alla sua cattura è scattata all'alba di ieri. L'uomo risiedeva da due anni nella nostra città, dove aveva avviato un'attività nel campo dell'edilizia - ha spiegato durante la conferenza stampa il questore Michele Rosato - ma non avrebbe mai troncato i legami con gli amici "mafiosi" di Campobello di Mazara del Vallo, nè con i parenti, pare anch'essi legati agli ambienti malvitosi. Secondo gli inquirenti il suo ruolo era quello di "postino": ovvero un personaggio di fiducia di Cosa Nostra incaricato di far transitare i "pizzini" già confezionati alle persone a diretto contatto con il boss superlatitante Matteo Messina Denaro. Secondo l'accusa, ad Angelo i "pizzini" arrivavano già sigillati e lui era un anello della catena di comunicazione che giungeva sino al mafioso numero uno. La cattura è avvenuta questa mattina nell'abitazione del sospettato, nelle foto (fornite dalla polizia) gli agenti eseguono i rilievi e le perquisizioni nella casa a caccia dei "pizzini". Una curiosità, tra gli oggetti ritrovati a casa del sospettato anche un dvd con la serie televisiva dedicata a Toto' Riina "Il capo dei capi" (in una delle foto).

L'operazione "Golem"   

Secondo gli inquirenti, tutti gli arrestati favorivano i contatti fra il boss latitante trapanese, Matteo Messina Denaro, e alcuni esponenti di vertice di Cosa nostra palermitana. Gli agenti dello Sco e delle squadre mobili di Trapani e Palermo - nell'ambito dell'operazione "Golem" - hanno eseguito 13 ordini di custodia cautelare emessi dal gip del tribunale di Palermo, nelle province di Trapani, Palermo, Roma e Piacenza. I reati contestati sono associazione mafiosa, estorsione, stupefacenti e frode. Scoperto un traffico di droga tra Roma e il territorio trapanese.

Sono finiti in carcere Vito Angelo Barruzza, di 45 anni, preso a Piacenza; Leonardo Bonafede, di 77 anni, di Campobello di Mazara; Giuseppe Bonetto, di 54, imprenditore di Castelvetrano; Lea Cataldo, di 46, di Campobello di Mazara; Salvatore Dell'Aquila, di 48; Leonardo Ferrante, 54 anni; Franco e Giuseppe Indelicato, di 40 e 36; Aldo e Francesco Luppino, di 62 e 53; Giovanni Salvatore Madonia, di 44; Mario Messina Denaro, di 57, imprenditore caseario, cugino del boss latitante Matteo, e Domenico Nardo, di 50, residente a Roma. Sequestrata un'impresa olearia del valore di 2 milioni ed eseguite decine di perquisizioni, anche in diverse carceri.
I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Palermo, Ricciardi, su richiesta del procuratore aggiunto della Dda, Teresa Principato, e dei Pm Roberto Scarpinato, Roberto Piscitello, Paolo Guido e Sara Micucci.
Inoltre la Dda di Palermo ha emesso diciotto avvisi di garanzia nell'ambito della stessa operazione. Tra gli indagati eccellenti ci sono anche un funzionario regionale, Girolamo Coppola, che l'anno scorso organizzò il "Cous Cous Fest" di San Vito Lo Capo e Achille Felli, finanziere in pensione, che collabora nella segreteria politica di Carlo Vizzini, senatore del Pdl. Felli è accusato di favoreggiamento aggravato.

Gli arrestati, secondo gli inquirenti, hanno svolto un fondamentale ruolo nel sostegno alla latitanza del boss Matteo Messina Denaro, assicurandogli tra l'altro canali riservati di comunicazione con i componenti di vertice di Cosa Nostra palermitana. Inoltre, l'azione di copertura sarebbe stata attuata attraverso la fornitura di falsi documenti d'identita' al capomafia di Castelvetrano. Le indagini hanno riguardato anche un'attivita' estortiva controllata da un cugino del boss ricercato, con l'imposizione del 'pizzo' a imprenditori locali, e un traffico di stupefacenti tra Roma e il territorio trapanese, sempre finalizzato, per gli investigatori, a finanziare l'organizzazione criminale in nome e per conto di Matteo Messina Denaro.

 
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